Dice, o meglio rileva, l’Osservatorio dell’Aie (Associazione italiana editori) che nel 2024 i lettori sono diminuiti. L’Aie dice anche qualcosa di più inquietante e cioè che è peggiorata la qualità della lettura.
In altre parole, perfino chi continua a leggere lo fa in modo qualitativamente scarso. Letture frammentarie, distratte, collocate a distanza di mesi. La rilevazione commissionata dall’Associazione sostiene che “Il tempo medio settimanale dedicato alla lettura si riduce a 2 ore e 47 minuti contro le 3 ore e 16 minuti del 2023 e le 3 ore e 32 minuti del 2022”.
Per carità, la notizia c’è e i nuovi dati sulla lettura, annunciati nel corso di “Più libri più liberi”, la fiera annuale della piccola e media editoria, sono stati ripresi qui e là da non pochi mezzi d’informazione. Viene però da chiedersi: d’accordo la notizia, ma non manca forse, qui, la sorpresa? Non ci sono in giro abbastanza segnali, siano essi di provenienza statistica o anche semplicemente intuitiva, che confermano proprio questa tendenza? Anche chi può senza timore di smentita proclamarsi lettore abituale o addirittura accanito, avrà avvertito sempre più forte la pressione, perfino la tentazione, esercitata dall’assedio dell’immagine, oggi di così facile accessibilità attraverso gli smartphone, così onnipresente, avvolgente, aggressiva. E chi buon lettore è davvero si sarà sentito in colpa, perché far scorrere con l’indice la rassegna dei video è operazione avvilente: mentre il tomo di Dostoevskij o Balzac giace sul comodino, progressivamente impolverandosi, il lettore, incagliato come una balenottera in due dita d’acqua, non riesce a smettere di ingurgitare pillole visive composte al 90 per cento di idiozia e per il restante 10 per cento da qualcosa che fa sembrare perfino l’idiozia un traguardo intellettuale. Eppure lui, il lettore, fino a qualche anno fa fiero della sua attraversata da costa a costa di tutta la “Recherche”, note comprese, oggi è incollato al tizio che riconosce orologi falsi, alla modella che scende dalla Lamborghini a Montecarlo, al clip dell’intervista di Rocco Siffredi per “Belve”.
Come un diabetico che non può impedirsi di attingere alla scatola dei cioccolatini, il lettore sente la propria stupidità aumentare quasi fosse glicemia, ma gli è sempre più difficile tornare su quella che l’Aie, e non solo, vorrebbe fosse la retta via. Anzi, gli viene il sospetto che far resistenza sia diventato futile.
La lettura, incomincia a pensare, è ormai uno di quegli hobby anche ammirevoli ma perfettamente inutili, come restaurare vecchi flipper o costruire richiami per fringuelli. Guarda la sua biblioteca, dove ancora stanno allineate, quasi impettite, le coste di enciclopedie mai più aperte a partire dal 1992 (e che pure come tanti veterani d’armi non attendono che un ordine per tornare in azione) e si chiede se, oggi, i video di Barbero non possano sostituire i libri di storia, quelli di chef Ruben l’intero Artusi e se la verve di Vincenzo Schettini non possa per caso rimpiazzare tutto quanto il suo scaffale scientifico.
Si convince così che forse è stupido ostinarsi, che l’unico fascino rimasto nei libri sta nello scriverli – e infatti ormai tantissimi lo fanno, nell’indefettibile certezza di aver qualcosa da dire – ma giammai nel leggerli.
Eppure, sarà per un atavico senso di colpa, sarà per un’incipiente indigestione di Franchino er Criminale, l’ormai ex lettore sente che sta perdendo qualcosa, e sente anche che questa perdita è collettiva, come uno scivolamento, un’evoluzione al contrario. Ma intanto è partito un nuovo video e chi si è visto si è visto. Fu la stampa, bellezza, e tu non puoi farci niente.
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