Un giorno alla parola “guerra” nel dizionario della lingua italiana avremo aggiunto (antiq.) “antiquato” come si fa per i termini non più in uso da tanto tempo.
Un giorno non dovremo più chiederci come mai dopo oltre venti secoli di cristianesimo riusciamo ancora a trovare ragioni per giustificare la guerra, anche quella «di difesa», quel giorno avremo capito che non si può arrivare alla pace attraverso la guerra come sostenevano i nostri antenati Si vis pacem para bellum (Se vuoi la pace prepara la guerra). Perché la guerra non ha mai portato alcun beneficio alle persone e alle nazioni, solo morte e distruzione, lutti e miseria.
La guerra non finisce mai, si ferma e fomenta nuovo odio e volontà di rivalsa. Come accadde per il popolo tedesco sconfitto e umiliato dopo la prima guerra mondiale e come accadrà a Gaza se non verrà riconosciuta a un popolo la possibilità di esistere in un proprio Stato. La prima causa di guerra è la povertà diffusa, l’ingiustizia perpetrata, la privazione metodica della libertà e dei diritti.
La guerra è uno svenamento di risorse prima e di sangue poi. Ogni cannone, bomba, missile, aereo e nave che vengono costruiti sono un’offesa a chi non ha cibo a sufficienza, non ha medicine, non ha casa o lavoro, a chi deve fuggire dal proprio Paese. La guerra non è solo quella delle esplosioni, che vediamo in Tv, è prima ancora quella delle decisioni, prese nel segreto delle stanze del potere. Di chi non ha fatto il suo dovere di custodire una convivenza pacifica nazionale e internazionale. Di chi crede ancora di poter invocare una “giusta causa”, quando le guerre sono sempre parse “giuste” a coloro che le hanno dichiarate e combattute. “Giusta” è sempre e solo la pace.
La guerra non si può «legalizzare» perché è sempre disumana e criminale, in sé e per sé. Non si può affidare alla forza delle armi la soluzione di una questione di rispetto di diritti dei popoli. E non si può dire che è “proporzionata” purché il male causato, sia inferiore al beneficio che si vuole ottenere. Cosa c’è di “proporzionato” all’uccisione di persone innocenti come i bambini? Non certo l’obiettivo di riportare l’ordine. Si rischia piuttosto di innescare nuovi conflitti. La guerra dei Balcani iniziò in Croazia, si spostò in Bosnia-Erzegovina e con immutata durezza passò in Kosovo prima di arrivare ad un armistizio grazie a iniziative di mediazione internazionale. La guerra non mantiene mai quello che promette, ma causa più di quello che si possa immaginare. La guerra è sempre una trappola. Per la povera gente, per i giovani costretti a combattere, per le famiglie distrutte. Quale genitore, tra noi, se la sentirebbe di mandare suo figlio in guerra?
La guerra la inizia chi non sa o non vuole ascoltare l’anelito di pace che nasce dai cuori. Di chi è sordo al grido «Non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell’intera umanità» (Paolo VI all’Onu nel 1965). La guerra è frutto di una violazione del “diritto dei popoli alla pace” e l’abdicazione a un dovere perché “il mantenimento di una vita di pace per i popoli è sacro dovere di ciascuno Stato” come stabilisce la Dichiarazione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (1984). Se gli interessi economici hanno tradito la pace non deve essere così per la politica. Non possiamo accettare che la guerra sia «la continuazione della politica con altri mezzi», come sosteneva il generale prussiano von Clausewitz. Ogni politico per il principio di umanità, inscritto nella coscienza di ogni persona e popolo ha l’obbligo di proteggere la popolazione civile dai possibili effetti di una guerra, anche se non combattuta sul proprio suolo. In questo momento in cui sembrano tornati a soffiare “i venti di guerra” conviene ricordare che «Dio chiederà conto, a chi non ha cercato la pace o ha fomentato le tensioni e i conflitti, di tutti i giorni, i mesi, gli anni di guerra che sono passati e che hanno colpito i popoli!» come ha detto Papa Francesco.
Il senso di impotenza che si respira in questi giorni non deve farci dimenticare che la guerra si può fermare e si deve evitare ad ogni costo. Il cristiano, poi, è contro ogni male, non fino alla morte del malvagio, ma fino alla propria morte, dato che non c’è amore più grande che mettere la propria vita a servizio del bene e del fratello, anche se minaccioso. «Sentinella quanto resta della notte?» al viandante che giunse sotto le mura della città la sentinella rispose «Poco, arrivano già le luci dell’alba» (Isaia 21,12). Che sia un giorno di pace e che sia oggi.
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