La festa di putin e il “gelo” con la cina

La Russia farà di tutto per «prevenire uno scontro globale». Questa l’assicurazione di Vladimir Putin durante le manifestazioni per il 79° anniversario della Vittoria sul nazismo. A poche ore dall’annuncio di prossime manovre di unità strategiche nucleari ai confini con l’Ucraina, il capo del Cremlino pare ora tentare di ammorbidire la sua linea.

Il dubbio è che, nella giornata di una ricorrenza così sentita dai russi, Putin volesse forse evitare di rovinare la festa alla sua gente. Oppure si è girato a guardare la tribuna dei suoi ospiti stranieri.

Sulla piazza Rossa erano presenti pochi capi di Stato. A parte i cinque presidenti ex sovietici asiatici e quello bielorusso, gli altri si contavano sulle dita di una mano sola.

La domanda principale, a questo punto, è capire il perché di una simile defezione, di un isolamento così rimarcato. La risposta è che probabilmente la Comunità internazionale è sempre più preoccupata dall’aggravamento della tragedia russoucraina e dalle minacce - addirittura pubbliche - sull’uso dell’arma atomica.

Di conseguenza, tanti sono gli Stati che hanno preso le distanze da una crisi, all’apparenza irrisolvibile diplomaticamente.

Questi Stati non desiderano avere troppi rapporti con il Cremlino anche per non compromettere le proprie relazioni con l’Occidente e rischiare di cadere così sotto sanzioni.

Il 9 maggio è la festa del popolo in Russia. Perciò non si poteva non celebrarla. In questi ultimi due anni, però, il 9 maggio ha assunto un carattere meno pubblico e più familiare. Già nel 2023 decine di manifestazioni erano state cancellate per rispetto verso i caduti nella “Operazione speciale”, ma soprattutto per ragioni di sicurezza.

Nelle regioni occidentali vicino all’Ucraina la situazione non è affatto tranquilla. Anche giovedì a Belgorod si sono registrati bombardamenti. Ma non solo. È stata colpita persino una infrastruttura petrolifera nella lontana Bashkiria, 1.500 chilometri dalla frontiera ucraina.

Quindi celebrazioni sotto tono e isolamento internazionale, i due elementi più evidenti.

Ma dato che il presidente cinese Xi Jinping era già in Europa nelle stesse ore, perché non ha fatto un salto a Mosca sulla piazza Rossa? Russia e Cina non stanno dalla stessa parte in funzione anti-occidentale, come si ode ripetere da tempo?

La realtà è un po’ differente. Primo: il leader cinese non ha dimenticato che Putin si scordò di dirgli, durante la sua visita a Pechino per le Olimpiadi, dell’imminente attacco all’Ucraina nel febbraio 2022 e teme di venire immischiato in un conflitto globale da cui la Cina ha tutto da perdere. Ecco perché ha ricevuto con grandi onori, pochi giorni fa, il segretario di Stato Usa Blinken e ha invitato Washington ad essere «partner e non rivale».

Secondo: dopo dicembre ’23 le sanzioni occidentali hanno bloccato un ampio numero di compagnie cinesi che facevano affari con i russi, mettendole sotto embargo. Putin presto si recherà a Pechino per cercare di sbloccare il flusso reciproco di pagamenti bancari. Inoltre, sempre più merci vengono fermate alle dogane per mancanza della necessaria documentazione.

Anche la “via” indiana, attraverso la quale Mosca ha commerciato finora il suo petrolio, è stata chiusa. Svariati miliardi di dollari in rupie non possono essere rimpatriati dalle banche di Nuova Delhi.

Se poi si aggiunge che la monopolista Gazprom (il gioiello dell’amministrazione Putin), per la prima volta nella sua storia, ha registrato un perdita colossale, in pochi dovrebbero avere voglia di festeggiare. Ma la Cina non doveva comprare il gas invenduto all’Europa?

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