La festa di oggi chiama a raccolta tutti gli amici di Dio, da ogni tempo, angolo del pianeta e cultura: convoca nella casella del primo giorno di novembre i santi che sono di ruolo negli altri giorni del calendario – ognuno con il proprio posto e con il proprio compito di intercessione particolare.
La solennità di Ognissanti è il ritrovo annuale di uomini e donne che con le loro parole, i loro gesti e le loro storie hanno reso più vivido e visibile il mistero del Dio invisibile. Attraverso di loro si intuisce qualcosa di più in merito alla speranza e alla chiamata cristiana. Hanno dato corpo – il loro – alla storia della salvezza. Si sono esposti lealmente al Santo: gli hanno fatto dono del proprio tempo, delle proprie aspirazioni e del proprio slancio. E si sono scoperti profondamente cambiati da questo incontro: un pezzetto della Sua infinita e unica santità si è incollato per sempre alla loro carta d’identità, è diventato quell’etichetta – “san” – che precede i loro nomi e accompagna, incancellabile, le loro biografie. Esporsi al Santo rende santi. La loro memoria disegna una rotta per tutti coloro che si proclamano cercatori del Dio di Gesù Cristo.
Questa ricorrenza celebra dunque ciò che li accomuna, il filo rosso che ricama il medesimo destino di beatitudine dentro esistenze tanto diverse. Celebra l’idea di santità come senso della vita. Il fatto che si possa esistere per diventare santi. In questo senso, la santità è la cartina di tornasole della fede cristiana, è il suo cuore pulsante: credere ha la stessa estensione e lo stesso guizzo imprevedibile del vivere, è un modo di stare al mondo. Questo è ciò che l’idea di santità vuole proteggere e salvaguardare: serve mettere in gioco la vita per avere a che fare con il Vivente. Niente di meno. Essere cristiani ha un lato impopolare e scomodo che è tanto evidente quanto imbarazzante, perché smaschera tutti i tentativi di ridurre la fede a un protocollo di cose da eseguire, o a una devota pratica da rispettare.
Ma che cosa significa essere santi? A che cosa sprona la memoria odierna?
C’è un groviglio di equivoci attorcigliato attorno all’idea di santità che spontaneamente si è depositata, insieme a un po’ di polvere, tanto nella memoria collettiva quanto sulle statue con aureola che affollano le nostre Chiese. È patrimonio condiviso la costatazione che i santi siano degli individui straordinari, dei talenti generazionali riconoscibili a occhio nudo, capaci di un eroismo morale fuori scala rispetto al resto dei comuni mortali, talmente eccezionali da non essere solo giganteschi nel bene, ma addirittura capaci di evitare ogni sbavatura di male. Sono gli impeccabili, i perfetti: l’umano al suo meglio, in grande spolvero. Ideali, non come noi. Eppure, forse, non è così.
Per i cristiani, la santità è il nome del modo di vivere di Gesù Cristo, del suo modo di attraversare l’avventura umana. Il mistero di Dio è coinvolto e riluce nella sua carne concreta, nei suoi calli di falegname, nei suoi gesti di amicizia, nelle sue parole che raccontano di pecore, lievito e campi di grano. Nel suo stare a tavola con i peccatori e nel suo uscire per strada, incontro ad altri.
È una santità tremendamente incarnata. Tanto che la sua luce riesce a proiettarsi sulle nostre vite e a interrogarle. Il santo cristiano, quindi, non è colui che è separato dal mondo, ma piuttosto si trova ben piantato dentro la realtà delle cose. Non è nemmeno il fuoriclasse che compie opere impareggiabili, ma è colui che cerca di vivere il quotidiano in pienezza – dal lavoro, allo studio, alla casa, passando per il bar con gli amici e la passeggiata in paese, senza eludere il tempo della malattia e della fatica: non sono esperienze troppo piccole e banali per incontrarvi la grandezza di Dio. Infine, il santo non è nemmeno il perfetto, colui che è tutto d’un pezzo perché ha chiuso ogni conto in sospeso con la vita e con la propria pochezza: è piuttosto colui che accetta di stare di fronte al Santo anche nel peggio di sé. Sa di potersi fidare davvero della Parola di Dio, perché questa, prima di aver cambiato il mondo, cambia la sua storia, riscattandola continuamente dai ritorni del male.
La festa di Ognissanti li chiama davvero in causa tutti. Inclusi quelli che sono in cammino.
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