La Consulta e la svolta sui giudici da eleggere

È in atto da un po’ di tempo uno scontro politico tra maggioranza di governo e opposizione per la nomina da parte delle due Camere riunite di un nuovo giudice costituzionale in sostituzione di Silvana Sciarra, il cui mandato è scaduto il 23 novembre 2023.

Per i primi tre scrutini occorre la maggioranza di due terzi dei componenti dell’assemblea, dal quarto è sufficiente quella di tre quinti. La sostituzione dovrebbe avvenire in un mese, ma, trattandosi di una maggioranza qualificata, che deve garantire l’equilibrio di un organo costituzionale di garanzia, è necessario che si raggiunga un accordo tra le varie forze politiche, poiché la maggioranza di governo da sola non può farcela. Anche se ha tentato più volte, sperando in aiuto nel segreto delle urne di alcuni parlamentari dell’opposizione.

A luglio scorso il presidente Mattarella ha invitato il Parlamento a eleggere subito questo giudice, ma senza alcun risultato, in quanto la maggioranza ha ancora confermato il proprio candidato Francesco Saverio Marini, peraltro giurista costituzionale di alto profilo istituzionale, che però secondo l’opposizione avrebbe un conflitto di interessi, essendo, oltre che consigliere giuridico del presidente del Consiglio, anche e soprattutto il principale estensore del disegno di legge costituzionale sul premierato. Quindi, una volta eletto giudice della Corte Costituzionale potrebbe giudicare su un eventuale ricorso contro la legge istitutiva di tale riforma.

Comunque, la proposta di nomina della maggioranza è andata a vuoto in quanto in Parlamento è mancato anche il numero legale, avendo il centrosinistra deciso di non partecipare al voto e costretto così la destra a votare scheda bianca sia per non bruciare il suo candidato e sia per non palesare eventuali contrasti interni alla sua coalizione. Quanto accaduto evoca lo storico fenomeno denominato “Aventino” verificatosi nel giugno 1924, quando, dopo il rapimento di Giacomo Matteotti, assassinato poco dopo, i deputati contrari al fascismo decisero di uscire dall’Aula e di non partecipare più ai lavori parlamentari. E sappiamo come poi andò a finire. Così facendo tali deputati favorirono la definitiva transizione del fascismo verso un regime dittatoriale, come rilevato da Carlo Calenda, leader di Azione. Anche se le situazioni storiche sono diverse, l’“Aventino” non può diventare un sistema continuo di opposizione politica, essendo una condotta rischiosa che interrompe la continuità del dibattito e del confronto politico che sempre deve esserci tra maggioranza ed opposizione. Lo sa bene la segretaria del Pd Elly Schlein, che ha dichiarato: «Quando serve, per l’interesse nazionale, noi siamo sempre disponibili a un dialogo nel merito con la maggioranza, aggiungendo che la maggioranza qualificata prevista dalla Costituzione per la votazione (del giudice costituzionale) suggerisce esattamente un dialogo tra maggioranza e opposizione».

Al momento, però, esiste una fase di stallo, una situazione di muro contro muro, che potrebbe però sbloccarsi tra un paio di mesi e cioè a dicembre, quando verranno a scadenza i mandati di ben tre giudici costituzionali (Barbera, Modugno e Prosperetti). Nel frattempo, infatti, ci sarà tutto il tempo necessario per trovare un accordo giusto e soddisfacente tra le forze politiche per coprire i quattro posti che saranno vacanti nella Consulta, secondo lo spirito della Costituzione che ha richiesto appunto un ampio consenso parlamentare per la nomina di giudici indipendenti e di alto profilo istituzionale.

Ricordiamo che essi dovranno far parte di una Corte, che costituisce un’Autorità di garanzia costituzionale, indipendente dagli organi politici, che giudica sulla legittimità costituzionale delle leggi dello Stato e delle Regioni, sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, sulle accuse promosse contro il presidente della Repubblica e sull’ammissibilità, dal punto di vista costituzionale, delle richieste di referendum abrogativo di leggi, avanzate dai cittadini o dai Consigli regionali.

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