La cena blasfemA DEL RE MACRON

Complimenti alla Francia, che è riuscita nell’ardua impresa di organizzare la peggiore cerimonia d’apertura dei Giochi Olimpici dai tempi di Olimpia, quando i loro antenati galli non avevano ancora scoperto il fuoco.

Venerdì è andata in scena sulla Senna per il solo piacere di “le roi Macron” (l’Olimpiade c’est moi) una noiosissima accozzaglia di quadri all’insegna dei più beeri luoghi comuni della cultura woke e transgender, mascherata ipocritamente dal messaggio dell’inclusione, oltretutto funestata da una pioggia battente che ha inzuppato anche i capi di Stato presenti (ah, i francesi, che grande lezione di égalité, peccato che le roi Macron era ben riparato, soddisfatto e sorridente per quel raro spettacolo di Grande Bruttezza in suo onore). Inclusione per tutti, tranne che per quei due miliardi e mezzo di cristiani presenti nel mondo, offesi e dileggiati nella loro fede più intima e profonda, come quella del sacramento della Comunione. La scena della parodia dell’Ultima cena leonardesca in stile queer, con una drag queen al posto di Gesù Cristo era davvero disgustosa e non faceva nemmeno ridere i polli. L’unico scopo di questa Mise en cene , come l’hanno definita i registi, (che battuta brillante) era quello di offendere la religione cristiana in un’oscena e blasfema atmosfera kitsch da gay pride, condita dall’apparizione grottesca davanti alla parodia del cantante Philippe Katerine, nudo come un verme e pitturato da puffo, coronato da fiori in sembianze di fauno, in rappresentanza del Corpo di Cristo, mentre emetteva gorgheggi motteggiando “non più ricco, non più povero, quando sei nudo”. Mancavano solo i Village People, ma in fondo persino i Village People al confronto erano gente seria, che mai avrebbero partecipato a una baracconata del genere, in cui compariva persino un bambino (una preghiera per i genitori). E del resto anche la maggior parte delle persone appartenenti alla comunità LGBTQ hanno preso le distanze, perché quella baracco nata in fondo non giova alla loro immagine e al loro pensiero. Tra l’altro ferire la sensibilità cristiana non è nemmeno più di moda, anche se in certi ambienti francesi evidentemente ogni pretesto è buono. I vescovi d’Oltralpe si sono sentiti giustamente feriti, ricordando in un composto e lucido comunicato che lo sport deve unire, non dividere (ma tanto è bastato per un quotidiano nostrano che inneggia al woke per affermare che i vescovi francesi sono “fascisti”, buttandola immediatamente in politica, come se il rispetto per chi crede fosse una questione ideologica). Naturalmente gli organizzatori non si sono nemmeno sognati di deridere la religione islamica, visti i precedenti di Charlie Hebdo. Con i cristiani, che sono pacifisti ontologicamente, è tutto molto più facile, basta solo un filo di allegra sfrontatezza, e forse di vigliaccheria, e il gioco è fatto, anche se magari non fa ridere, però in fondo la performance del dileggio è stata centrata.

E’ questa la Francia di oggi, la Francia che ha come capitale la “Woke Lumière”? Speriamo di no, forse è solo la Francia di Macron, di quell’establishment che ha gradito una rappresentazione della cultura più à la page. dell’universo culturale mainstream, rappresentazione che per dirla con il vandeano Philippe de Villiers “ha aggiunto infamia alla bruttezza” finendo per trasformarsi nella celebrazione ridicola e volgare di un regime minoritario e declinante. Fatto sta che la prima medaglia, quella del kitsch, dell’oscenità, dell’insolenza e della blasfemia, l’hanno vinta loro, i francesi, trasformando una cerimonia olimpica in una carnevalata offensiva. Hanno frainteso il motto di De Cubertin, l’importante non è partecipare è offendere e schernire. Ma allora la mongolfiera? Ah già, la mongolfiera, scusate, la mongolfiera era bellissima: com’era bella la mongolfiera sur le toits de Paris…pareva il buon senso, la bellezza, lo spirito olimpico autentico che si perdeva tra le nuvole.

Francesco Anfossi

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