Israele e Libano: la paura è l’invasione

Per molti mesi un fantasma si è aggirato per il Medio Oriente: quello di una guerra aperta tra Israele e l’Iran. Lo smacco subito con l’assassinio, da parte di Israele, in piena Teheran, del leader di Hamas Haniyeh, unito alle pressioni dei moderati del presidente Masoud Pezeshkian, sembrano aver immobilizzato gli ayatollah e averli spinti a frenare le pulsioni dei Guardiani della rivoluzione e delle altre milizie.

Allontanato quel pericolo, eccoci alle prese con un nuovo spauracchio: l’invasione del Libano, o almeno della sua parte Sud, da parte di Israele. Questione anch’essa che aleggia da molti mesi e che i bombardamenti israeliani a tappeto (con 600 morti ci vuole coraggio a chiamarli “incursioni m irate”) degli ultimi giorni hanno fatto sembrare imminente.

Che cosa dobbiamo aspettarci? In questo momento, Israele sta mettendo in campo una duplice superiorità. In primo piano c’è quella brutalmente militare, che si realizza soprattutto con il controllo dei cieli e la disponibilità a colpire gli obiettivi senza alcun riguardo per le cosiddette “vittime collaterali”, ovvero i civili palestinesi e libanesi che non hanno ruolo nelle azioni armate di Hamas e di Hezbollah. Per questo, Benjamin Netanyahu può approfittare della generale tolleranza che gli offrono le capitali occidentali, ormai così prese dalla sindrome dell’assedio (il famoso giardino circondato da giungle di cui parlava il commissario Ue Josep Borrell) da digerire quasi qualunque cosa. Israele, però, ha una forma di superiorità assai più importante: quella tecnologica e di intelligence. Gli agenti israeliani hanno colpito in Iran (Haniyeh ma non solo), in Siria (fatta saltare una fabbrica iraniana di razzi destinati a Hezbollah), in Libano con i cercapersone e le radio esplosive. Prima ancora, avevano eliminato, uno a uno, diversi dei gerarchi di Hezbollah. Se nella grande strage mediorientale la logica e la strategia avessero ancora un ruolo, potremmo dire che tutto questo porta a escludere un’invasione israeliana del Libano. Perché rischiare la vita di tanti soldati affrontando sul terreno del nemico in un’impresa dall’esito incerto, quando lo stesso nemico può essere neutralizzato (o sconcertato fino all’inazione) con i mezzi assai più sottili e meno “costosi” dei servizi segreti? Tanto più che, a fronte dei colpi messi a segno dal Mossad, c’è l’invasione di Gaza, che tra le operazioni di terra non sembra certo quella di maggior successo.

Dopo quasi 42mila morti, il controllo sulla Striscia è garantito, di nuovo, solo dai quotidiani bombardamenti; Hamas non è stato “sradicato”, come prometteva Netanyahu; e le perdite israeliane non possono essere lievi, vista la censura militare e lo sforzo costante per impedire una libera e imparziale informazione. Tutto questo, dicevamo, se la logica conserva il suo ruolo. Altrimenti… Il timore è che Netanyahu, che da molto tempo ha imboccato una strada senza ritorno, possa pensare di liquidare con un unico colpo sia la questione palestinese (e non più solo Hamas, come la violenza in Cisgiordania dimostra) sia quella libanese, usando la forza delle armi. E questo può avvenire solo coinvolgendo nel calderone la potenza degli Stati Uniti che, tanto più sotto elezioni, non si tirerebbero indietro se vedessero Israele impegnata nello scontro finale o addirittura in pericolo. E quindi il calcolo perverso potrebbe essere questo: invadere il Libano per provocare una reazione dell’Iran a sostegno di Hezbollah, e quindi contare sull’intervento degli Usa.Se si arrivasse a quel punto, qualunque previsione diverrebbe impossibile. La Casa Bianca di Joe Biden, con Netanyahu intransigente a parole, ma tollerante nei fatti, ora pare resistere: ha fatto ritirare la portaerei “Gerald Ford” e le portaelicotteri “Bataan” e “Hall” dal Mediterraneo, un chiaro monito a evitare ulteriori avventure.

Basterà? In ogni caso, anche se lo scenario peggiore sarà evitato, nessuno può illudersi. Israele ha vinto tutte le guerre senza mai ottenere la sicurezza e la stabilità per cui erano combattute. L’invasione di Gaza e la strage dei palestinesi hanno aumentato il consenso per Hamas. E altrettanto è successo in Libano con Hezbollah. I problemi vanno risolti, non basta bombardarli.

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