L’aumento del debito pubblico di un Paese può essere sensibilmente influenzato dalla differenza tra il tasso d’interesse medio pagato sul suo debito e il tasso di crescita nominale del Pil. Nei principali Stati dell’Eurozona l’economia genera ricchezza sufficiente a ripagare il debito. In Italia, invece, il costo del debito è più alto della crescita e ciò ha fatto sì che, ad esempio, negli ultimi cinque anni il rapporto debito/Pi l sia aumentato in media di 1,5 punti all’anno. Per invertire questa tendenza e rispettare gli obiettivi di rientro graduale del debito indicati dall’Ue si renderebbe necessario da un lato realizzare una strutturale revisione qualitativa della spesa, dall’altro creare le condizioni per una crescita attraverso politiche economiche per stimolare gli investimenti delle imprese nei vari settori produttivi. Sono trascorsi ormai più di due anni dall’insediamento del governo, ma non sembra che in entrambe le direzioni siano stati prodotti interventi di rilievo.
Non si ha notizia della messa in atto di una nuova “spending review”, né di interventi sostanziali nel campo delle politiche industriali. Negli ultimi tempi, per alimentare la crescita, un ambito nel quale Meloni sembra apparire sempre più impegnata è quello della ricerca di maggiori investimenti esteri, ambito nel quale partiamo da una condizione decisamente di svantaggio rispetto ai principali Paesi europei. Ce lo conferma un rapporto di Ernest & Young sugli investimenti esteri in Europa, dal quale emerge il primato della Francia con quasi 1.200 progetti annunciati nel 2023 che dovrebbero creare 39mila posti di lavoro. Con notevole distanza al secondo posto il Regno Unito con 985 progetti e il terzo alla Germania con 733. L’Italia si colloca in ottava posizione, superata da Spagna, Polonia, Portogallo e Belgio, con 214 progetti per un valore complessivo di 14 mila nuovi posti di lavoro.
Il perdurare di questa nostra insoddisfacente condizione, spiega l’intensificarsi dei rapporti fra la nostra premier e i multimiliardari Elon Musk - a.d. di Tesla e capo di Starlink, specializzata in cybersicurezza cui il governo è molto interessato - e il presidente e a.d. di BlackRock, Larry Fink. Con quest’ultimo è stato organizzato un interessante incontro al quale hanno preso parte anche gli a.d. di Enel Flavio Cattaneo e di Poste Italiane Matteo Del Fante e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Con 17mila dipendenti in 38 Paesi, BlackRock gestisce oltre 8.200 miliardi di euro (per dare un ordine di grandezza, il Pil italiano ammonta a 2.200 miliardi). Ciò fa ben comprendere l’importanza delle scelte d’investimento, anche spregiudicate, che possono essere attuate da questo enorme fondo, in grado di spostare decine di miliardi da un settore all’altro e da un’area del mondo all’altra, condizionando profondamente l’andamento sia dell’economia globale che quella dei singoli Paesi. BlackRock è già presente con investimenti consistenti nel nostro Paese. Detiene il 7% di UniCredit, il 5% di Intesa Sanpaolo, il 4% di Mediobanca ed è il principale azionista privato in Enel, Eni, Snam e Poste, le più importanti società controllate dal ministero dell’Economia nei settori dell’energia e delle telecomunicazioni. Di recente ha acquisito anche il 3% di Leonardo, principale azienda italiana di difesa, armi ed aerospazio, nonché quote importanti in Stellantis e nel gruppo Mediaset.
La nostra premier ha dichiarato di riporre molte aspettative anche nell’attività di “Invest in Italy”, piattaforma creata nel 2022 col compito di supportare gli investimenti esteri in adempimenti e pratiche utili alla realizzazione d’investimenti produttivi, partendo dalla fase di negoziazione fino alla sua esecuzione. Dalla sua nascita “Invest Italy” ha assistito 378 iniziative d’investimento, di cui 64 chiuse con successo. È evidente, però, che ci sia ancora molto da fare, perché non è accettabile che l’Italia possa risultare agli investitori esteri ancora meno appetibile di Spagna, Polonia, Portogallo e Belgio.
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