Sono troppi gli incidenti sul lavoro, 1600 al giorno, di cui 268 mortali nei primi quattro mesi di quest’anno (4 in più rispetto al 2023). Le denunce di infortunio sul lavoro nello stesso periodo sono state ben 193.979 (+ 3,6%): più di un ferito al minuto, un morto ogni otto ore. Insomma una tragedia civile infinita.
A questo numero eccessivo vanno inoltre aggiunti gli infortuni dei lavoratori dipendenti che non sono iscritti all’Inail e quelli dei lavoratori autonomi con partite iva che raramente si assicurano all’Inail.
L’ultimo incidente mortale, che forse poteva essere evitato se i soccorsi fossero stati tempestivi, è accaduto pochi giorni fa nelle campagne intorno a Latina e riguarda un giovane immigrato, il cittadino indiano Satnam Singh, vittima, come affermato dal capo dello Stato Sergio Mattarella, alla cerimonia per il 160esimo anniversario della Croce Rossa, «di una forma di lavoro che si manifesta con caratteri disumani e che rientra in un fenomeno di sfruttamento del lavoro dei più deboli e indifesi, con modalità e condizioni illegali e crudeli; un fenomeno che con rigore e fermezza va ovunque contrastato». Singh aveva 31 anni, era in Italia da tre anni e lavorava come bracciante irregolare nell’agro pontino. La sua morte ha destato orrore e sconcerto nella comunità di sikh, senegalesi e cingalesi, che sono scesi in piazza a Latina per chiedere giustizia. Per la segretaria del Pd, Elly Schlein, «Singh non è morto in un incidente sul lavoro, è stato ucciso dalla sfruttamento, dal caporalato, dalla disumanità di chi lo ha mollato, con un braccio tranciato da un macchinario, davanti a casa senza portarlo a curarsi». E ha annunciato la ripresa della sua battaglia contro la legge Bossi-Fini che provoca irregolarità e precarietà.
Il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha giudicato l’incidente «un atto di barbarie» e promesso controlli a tappeto, annunciando che verrà aumentato il numero degli ispettori per contrastare la piaga del caporalato e una decontribuzione per le imprese che aderiscono alla “Rete del lavoro agricolo di qualità”, che prevede il rispetto delle norme in materia di lavoro e di sicurezza. Anche Confagricoltura ribadisce la linea di tolleranza zero contro caporalato e sfruttamento e la Coldiretti invoca controlli rigorosi per tutelare diritti e salute dei lavoratori. Solite promesse, soliti proclami. Si spera che vengano attuati.
In effetti, la tragedia in esame e le tante altre accadute impongono interventi necessari ed urgenti. Il primo è quello di riscrivere la legge Bossi-Fini che, sanzionando l’ingresso in Italia di un immigrato che non abbia già un contratto di lavoro, lo rende automaticamente irregolare e, quindi, clandestino costringendolo per sopravvivere a cercare un qualsiasi lavoro precario. Secondo l’Istat sono 230 mila i braccianti agricoli vittime in Italia di sfruttamento e abusi. Ma i diritti umani inviolabili per la nostra Repubblica, che è fondata sul lavoro (art. 1 Cost.), valgono per tutti in base alla nostra Costituzione (art. 2). Perciò agli immigrati che entrano nel nostro territorio deve essere concesso un permesso di soggiorno temporaneo per la ricerca di un lavoro e i datori di lavoro devono avere l’obbligo di registrare tali lavoratori ai quali spettano tutti i diritti previsti dalla legge, compreso quello di essere assicurati e di percepire un salario dignitoso. Il lavoro in nero non deve più essere tollerato e va contrastato con sanzioni più severe.
Per combattere quella che è un’emergenza nazionale occorre subito concordare un piano organico per la sicurezza sul lavoro tra le associazioni delle imprese e i sindacati che includa la formazione, i controlli, i diritti dei lavoratori, e renda effettivo l’obbligo di eleggere i rappresentanti della sicurezza previsti dalla riforma del 2008, la patente a punti per le aziende prevista da 16 anni, la lotta al lavoro nero e una stretta sui subappalti a cascata. Lavorare non può significare rischiare la propria vita.
Insomma, le regole ci sono e devono essere applicate. Soprattutto la formazione dei dipendenti deve essere effettuata in tutti i luoghi di lavoro. Servono più controlli, ma purtroppo c’è ancora carenza di personale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA