Le elezioni europee di oggi e domani sono un caso unico. Non c’è nel mondo altra consultazione elettorale sovranazionale. Il meccanismo è semplice e di grande valore politico, oltre ad essere una grande e anch’essa unica al mondo scommessa democratica.
Eppure queste elezioni registrano spesso una bassa partecipazione. Cinque anni fa l’astensionismo ha superato il 49 per cento, un dato drammatico pari alla metà dei 450 milioni di cittadini europei, che hanno diritto di voto. La sensazione di questi giorni è tuttavia quella di una maggiore attenzione per le Europee rispetto al passato, anche per l’effetto della guerra in Ucraina sull’intera opinione pubblica europea e per il ruolo che l’Unione ha ricoperto durante la pandemia con quella montagna di denaro stanziato che ha permesso all’Europa di ripartire in fretta.
C’è poi un’altra ragione da non sottovalutare e non solo per la partecipazione e cioè la concomitanza, insieme alle Europee, per un terzo dei Paesi dell’Unione, di consultazioni locali, amministrative e politiche. Le elezioni parallele non saranno affatto ininfluenti sui futuri equilibri europei. I rapporti di forza interni e la scelta di chi guiderà le istituzioni locali, anche municipali, possono fare la differenza anche sul tasso prossimo venturo di euroscetticismo. È un voto nazionale, regionale e municipale in un “election day” mai visto prima.
In Italia si eleggono 3.700 sindaci e consigli comunali, oltre al presidente della Regione Piemonte. Il Belgio e la Bulgaria voteranno per le politiche. E non si tratta di consultazioni periferiche. Il Belgio rischia di slittare verso la destra estrema, seguendo il destino dell’Olanda, se risultasse vincitore il partito fiammingo nazionalista di estrema destra.La Bulgaria è il Paese più inquieto della frontiera orientale dell’Unione che va alle urne per la sesta volta in poco più di tre anni nella speranza di trovare un governo capace di durare. Il confronto è il solito: europeisti versus antieuropeisti con l’incognita del ruolo di Mosca storico mentore dei Balcani orientali. In Germania votano i municipi di sette Laender, di cui cinque nei territori dell’ex Germania dell’Est e tutti sperano che Alternative für Deutschland, l’estrema destra filonazista, inciampi di nuovo e perda consensi rafforzando gli europeisti. In Ungheria il voto amministrativo potrebbe essere cruciale per il futuro del campione degli euroscettici Orban che per la prima volta da 14 anni potrebbe incrinare la sua leadership dal pugno di ferro sul Paese. In Romania il voto amministrativo (41 contee e 3.176 sindaci) sarà una gara tra destra estrema di Aur e socialdemocratici, che potrebbe mettere fuori gioco perfino il centrodestra nazionale e liberale in un confronto assai pericoloso per il rafforzamento dell’idea di Europa necessaria. Le elezioni municipali si svolgeranno anche a Malta, Irlanda e Cipro con scenari piuttosto incerti che potrebbero avere ripercussioni politiche sui governi in carica.
I risultati finali di questo intreccio elettorale, dal Parlamento dell’Unione fino al più piccolo municipio, misureranno il grado di coesione europea. Potrebbero renderla più virtuosa ed efficiente, incrementando la cooperazione con Bruxelles, o più flebile rallentando progetti di sviluppo sistemici di protezione dei più deboli e contrapponendo la sovranità nazionale a quella comunitaria.
Il sostegno ai partiti euroscettici è cresciuto in tutta l’Unione negli ultimi vent’anni, passando dal 10 al 27 per cento secondo l’ultimo Report pubblicato dagli esperti, voluti dalla Commissaria europea per la coesione e le riforme Elisa Ferreira.La priorità è dunque quella di incrementare la cooperazione tra Unione e amministrazioni locali, semplificando procedure da una parte e aumentando fiducia nell’Unione dall’altra, ma anche attrezzandosi con maggiori competenze locali per intercettare finanziamenti di cui hanno bisogno i territori e che non possono essere dimenticati, non spesi, nelle casse di Bruxelles. La differenza la possono fare tuttavia solo i cittadini scegliendo amministratori, oltre che parlamentari europei, in grado di tenere il passo delle nuove sfide globali, che devono essere governate da un’Europa politica alimentata dal basso, lavorando sulle idee e le procedure e non dividendosi su dogmi sovranisti, poco strategici e lungimiranti.
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