Il moralismo non aiuta a fermare la guerra

Il mandato di arresto spiccato dalla Corte penale internazionale nei confronti del primo ministro israeliano Netanyahu e dell’ex ministro della difesa Gallant non è né giusto né sbagliato. E’ semplicemente ridicolo.

Ed è talmente comico che ora, se fosse coerente, l’altissimo istituto dell’Aja dovrebbe per coerenza spiccarne altrettanti - alla memoria - nei confronti di Churchill, Roosevelt e, naturalmente, Truman. E al contempo, così come ha equiparato Israele ad Hamas, dovrebbe equiparare - sempre alla memoria - i capi di governo degli Stati Uniti e della Gran Bretagna a Hitler, Goebbels e Goring. Perché è questo che la Corte ha scritto. Coprendosi, appunto, di ridicolo.

Cercando disperatamente di stare fuori dalla fogna, dalla cloaca, dalla suburra della polemica più bassa e stracciona e cercando altrettanto disperatamente di portare su un piano strettamente politico-storiografico la questione, è evidente che Netanyahu abbia commesso crimini di guerra a Gaza. E gli stessi crimini di guerra, molto, ma molto peggiori, sono stati commessi dagli Stati Uniti a Hiroshima e Nagasaki - questi hanno nuclearizzato milioni di civili innocenti! - e dall’aviazione alleata quando ha raso al suolo tutte le città tedesche, sterminando due milioni – due milioni! – di cittadini indifesi. E potremmo andare avanti con un elenco lunghissimo, perché solo un bambino, un ignorante o un demagogo può pensare che esista una guerra, soprattutto dal Novecento in poi, senza crimini di guerra. È quello che fanno le democrazie quando cercano di sopravvivere. E’ una cosa orribile? Lo è. E’ una cosa tragica? Lo è. E’ una cosa ignobile? Lo è. Ma questa è la realtà dei fatti. E la realtà ha la testa dura, se ne frega delle declamazioni dei nostri statisti da salotto e dei nostri opinionisti da bar dello sport.

Quindi applicare criteri moralistici alla guerra, materia che permea la civiltà umana da tremila anni e così sarà per i prossimi tremila, dividendo i buoni dai cattivi, secondo le Tavole della legge, con sicumera manichea, è un esperimento disastroso. Oltre che inutile. E’ stato inutile incriminare Milosevic, come si è visto. E’ stato inutile incriminare Putin, come si vede. Non serve. Non serve a niente. Non risolve. Questi macelli si sistemano solo con la politica, mezzo lurido e fanghiglioso quale nessuno, ma l’unico capace di rimediare in qualche modo, con cinismo e duttilità, alle stoltezze umane. Non certo con un robespierrismo d’accatto che distingue arbitrariamente chi ha ragione e chi ha torto.

Quella della Corte è pura demagogia. Demagogia da quattro soldi. Che si basa su una visione parziale di un conflitto tremendo, che vede solo una parte del problema e che si fonda su presupposti incompleti e quindi ingiusti. Il tema non è la sequela di porcate che hanno fatto Netanyahu e Gallant in questo anno di guerra (e oltretutto pure la reazione del premier israeliano al mandato d’arresto non ha senso: che c’entra l’affare Dreyfus? chiunque conosca un minimo la storia sa che l’affare Dreyfus nulla ha a che fare con questa cosa). Il vero tema è che in quel territorio il groviglio umano e logistico tra civili e terrorismo è inestricabile. E che è stata provata la collusione e anche in alcuni casi la responsabilità diretta di molti dipendenti di Unrwa (l’agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso dei palestinesi) nel rapimento e nella prigionia degli ostaggi. E che è stata provata la presenza di depositi di armi e munizioni sotto le scuole e gli ospedali. E che è stato provato che le cifre dei morti civili a Gaza dichiarate da Hamas, immediatamente prese per buone da tutti (chissà perché) e propagate nel mondo erano false, dimezzate dalla stessa Onu solo mesi dopo e nel silenzio generale. Rimangono un’enormità, sia chiaro, una cifra spaventosa. Così come sono un’enormità 1.200 morti nella sola mattina del 7 ottobre, trucidati non in quanto soldati israeliani, ma in quanto ebrei. E che è stato provato dal “Wall Street Journal” che l’accusa di aver affamato Gaza non è vera , perché Israele ha facilitato il passaggio di 57mila camion di aiuti e di un altro milione di tonnellate di viveri, in larga parte rubati proprio da Hamas. E potremmo continuare.

E allora, qual è il risultato di questa grottesca iniziativa? Da una parte regalare nuovi attimi di gloria alle piazze che esibiscono fantocci, bruciano bandiere e gridano slogan che chiedono l’annientamento di uno Stato sovrano (e democratico). Dall’altra, aver spinto tutti i nemici dello sciagurato governo Netanyahu a sostenerlo. Benny Gantz, uno dei capi dell’opposizione, ha detto che “un simile affronto non sarà mai perdonato”. Yair Lapid, altro capo dell’opposizione, ha ribadito che questo è “un premio ai terroristi”. Naftali Bennett, ex capo del governo, ha definito questi mandati “un marchio d’infamia per chi li ha emessi”. Bel risultato, quello della Corte, complimenti.

La storia è una bomba a orologeria, che va maneggiata con cura assoluta e senza approcci talebani. Se i cervelloni dell’Aja, invece di comportarsi come un qualsiasi politico italiano da quattro soldi, avessero letto gli atti del processo Eichmann - come lucidamente ricordato da Elena Loewenthal sulla Stampa - avrebbero notato quanta complessità, quanta prudenza e lungimiranza si è avuta nel soppesare le parole e le accuse a carico di chi ha ideato e organizzato lo sterminio di un intero popolo. Il genocidio per eccellenza. Perché in quella sede si era voluto inserire quella tragedia assoluta dentro un contesto storico lontano dall’ansia di vendetta. Questi qui, invece, hanno preso la solita scorciatoia della demagogia spicciola, emettendo un mandato astratto e privo di conseguenze reali. Che lancia però un messaggio devastante: l’idea di iniziare a disarmare qualsiasi democrazia occidentale che voglia rispondere con la forza ai terroristi e agli Stati canaglia.

Idea ben supportata da larga parte dell’informazione e dei suoi venusti maestri di pensiero. Ma che in questa categoria abbondino i servi e i somari non è più da tempo una notizia.

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