Il futuro bluceleste e l’assist del volley

Tempo un anno il Calcio Lecco si è ritrovato in serie C, dopo l’entusiasmante promozione in B, con alle spalle mezzo secolo di purgatorio.

Termina anche l’avventura targata Paolo Di Nunno, una miscela di stelle e stalle dove i meriti hanno superato l’epilogo tormentato e inglorioso.

Io non la farei tanto tragica, anche perché ripercorrendo a memoria trionfi e cadute di nobili e provinciali squadre, riempirei più di una colonna del giornale.

Solo l’ultima: il Leicester di Claudio Ranieri stupisce il mondo vincendo la Premier League e poi, neanche avessero la maglia bluceleste precipitano nella categoria inferiore e poi risorgono.

Altra dimensione certo, ma le regole e le dinamiche sono simili e a dirla tutta la B agli spareggi è stata una sorta di coniglio dal cilindro.

E a confortare questa mia filosofia spicciola stanno provvedendo i tifosi che invece di abbandonare la barca pare si siano messi a remare con il nocchiero bergamasco Aniello Aliberti che ha deciso di investire passione e quattrini, non solo per salvare la baracca ma per progettare un futuro degno della più bella tradizione nel segno del presidente Mario Ceppi.

La piazza si sente, la tifoseria pure, se è vero che non ha atteso i primi squilli per rituffarsi nella nuova sfida, onorando il botteghino nella prima partita di Coppa Italia con il Milan Futuro e sottoscrivendo già quasi duemila abbonamenti.

Cifre che richiamano l’età dell’oro.

Certamente, come sempre, sono la caratura e lo spessore dei calciatori a determinare la qualità del viaggio e dell’approdo.

Avendo seguito l’anno scorso l’intero campionato al Rigamonti Ceppi con mia nipote Ginevra ed essendo competente di pallone, posso permettermi qualche suggerimento ferragostano.

Nelle amichevoli il Lecco è fermo a un solo gol segnato.

Così come stanno a zero le manfrine da bar sulla campagna acquisti.

Se l’ambizione di Aliberti è di tornare tra i cadetti entro un paio di stagioni va da sé che c’è l’urgenza di assoldare un attaccante collaudato da affiancare a quell’autentico goleador di Nicolò Buso, diventato ormai la nostra bandiera.

Confesso che non mi sarei aspettato un ritorno di fiamma del tifo, ma credo che l’entusiasmo e la credibilità insufflati dalla nuova compagine societaria siano stati determinanti per riaccendere quella passione che a Lecco non si è mai sopita.

Rispondo solo di me e per quel che vale, cioè nulla: tornerò a sottoscrivere l’abbonamento, magari profittando per insegnare a Ginevra che non sempre è obbligatorio salire sul carro dei vincitori.

In sintesi, metabolizzata la retrocessione, rincuorati i tifosi, tocca ora anche ai privati collaborare nei modi e con il peso più congeniale ai loro mezzi e alla loro generosità, non dimenticando che sono numerosi gli imprenditori lecchesi che attingono alla loro borsa per sostenere squadre di pallavolo, di basket, di atletica e di altre discipline così dette sbrigativamente minori.

Come ripeto spesso in questi casi il mio modello è la pallavolo femminile di Conegliano, da un lustro sul tetto del mondo pur in una realtà di ventiseimila abitanti, ma corroborata da cinquecento sponsor locali.

Ora che Paola Egonu e le formidabili compagne hanno conquistato l’oro a Parigi , l’esempio assume i contorni di una palla alzata a meraviglia per una schiacciata d’oro.

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