
Per me l’atto che suona più impolitico della politica italiana degli ultimi decenni si è consumato la domenica nella quale Elly Schlein è diventata segretaria del PD grazie al voto dei passanti, dopo che gli iscritti avevano scelto Stefano Bonaccini, esponente di spicco del partito, già entrato nella parte di erede di Berlinguer, con un look meno ruspante del solito romagnolo sanguigno e per nulla attratto dall’armocromia. Un assalto alla diligenza e alla dirigenza di ambizione democratica e di formula demagogica, estraneo alla tradizione di una forza centralista, rigorosa quando non rigida. A Botteghe Oscure la luce (in senso letterale) si è sempre accesa e spenta per mano di figure tetragone e poco inclini alle novità, anche quando dalla falce e martello si è approdati alla cultura pluralista e al connubio dei comunisti con i cattolici. Insomma hanno deciso i passanti che stanno agli iscritti come i simpatizzanti ai tifosi di una squadra di calcio.
Quelli che hanno una fede ballerina e al terzo campionato perso strizzano l’occhio a un’altra maglia. Ora il recente voto europeo sul riarmo ha fornito la rappresentazione plastica della fluidità del PD e non può essere archiviato con la comoda scusa delle diverse sensibilità. Come dimenticare la nobile e tormentata esperienza dell’onorevole lecchese Ugo Bartesaghi (già sindaco della città, prima con la Dc e poi con una lista antesignana del civismo) che dissentí proprio sul nesso delicato tra politica e organizzazione militare, guadagnandosi l’espulsione immediata dal partito e trovando asilo insieme al collega Mario Melloni, il caustico Fortebraccio nella chiesa comunista a trazione togliattiana.
E l’osservatore, anche non navigato e con i capelli bianchi, si sorprende per una spaccatura così netta in una forza di opposizione che dovrebbe fare dell’unità la chiave per aprire falle nella maggioranza, già fallata di suo. Così la tenuta del PD nei sondaggi rischia di essere un rito consolatorio ben lontano dall’ambita messa cantata da celebrare a Palazzo Chigi. Va da sé che invece sul piano territoriale rimanga protagonista con alterne fortune. Spesso mi è capitato di scrivere come il livello regionale, in senso lombardo, resti un tabù nonostante si siano scomodate candidature di peso, a partire da sindaci di capoluogo di sicuro spessore e di capacità certa sul piano amministrativo. Da trent’anni invece i dem inseguono il governo della locomotiva d’Italia senza scalfire un centrodestra talvolta litigioso, ma compatto e convincente per i più.
Con questa curiosa postilla: i segretari politici del PD lombardo sono stati premiati nonostante la collezione di fiaschi che fa invidia a una cantina sociale. Parlamentari, ministri, direttori generali, boiardi di Stato, mentre nel contempo sono stati ‘pensionati’ sindaci e presidenti di provincia vincenti : il sintomo evidente di una scollatura tra vertice e base del partito. La Schlein viaggia in mongolfiera, parla ostrogoto e atterra nei mercati e nelle piazze solo per rilanciare il ritornello del campo largo e atteggiarsi a maestrina dalla penna rossa per chiedere a Giorgia Meloni di dichiararsi antifascista.
Lo stile Elly sembra attecchire anche da noi in provincia non solo con l’anonima segreteria cittadina di Fausto Crimella, generatrice di insofferenza nei graduati e nella truppa quando non di fuggi -fuggi, più o meno mascherati. Ne scaturisce un partito opaco che pur di esercitare un ruolo egemone flirta senza riserve con la sinistra di Alberto Anghileri, spina nel fianco della Giunta Brivio e non disdegna accordi’ innaturali’ con la destra-destra come risulta dalle nomine a Linee Lecco, Comunità Montane e confidenze digitali riservate come il segreto di Pulcinella. Ma a noi appare ancor più insipiente e isolante la perdita di legami con il mondo produttivo e sopratutto con quel civismo diffuso nei comuni che ha tutt’altra matrice e storia della lista del sindaco Gattinoni.
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