Gianburrasca di destra e sinistra alle elezioni

L’ultima domenica di settembre non passerà certo alla piccola storia locale come una data da ricordare per il rinnovo del Consiglio provinciale, che anzi continua ad avere lo stesso appeal di una partita tra scapoli e ammogliati over 70, con l’ambulanza e i defibrillatori pronti all’uso. Il respiro degli anzianotti che si ostinano a calciare un pallone in mutande richiama l’aria asfittica alla quale l’ha condannata quel Matteo Renzi che da principe ora non trova più posto neppure come ciambellano.

Tuttavia, soprattutto in virtù dell’esito della consultazione che ha registrato la partecipazione dell’84% di amministratori, si può dire che da quel voto scaturisca un quadro politico meritevole di analisi e foriero di prospettive interessanti per il popolo lecchese.

Per i pochi che ancora non lo sanno, si fa per dire, ricordiamo che il centrodestra ha conquistato sei seggi, ai civici ne è toccato uno, al centrosinistra cinque. A pochi mesi dalle elezioni amministrative in 49 comuni del territorio, il centrodestra consuma la sua rivincita dopo lo smacco di Merate, Oggiono, Valmadrera, mentre il centrosinistra e il suo “campetto largo”, dopo aver accarezzato l’idea di consolidare una tendenza, si ritrova a rammaricarsi delle tattiche tafazziane adottate e a fare i conti con sbandamenti vistosi e acuite tensioni interne. Tra l’altro la scoperta dell’acqua calda ci ricorda che il centrodestra quando va al voto è granitico, mentre i “separati in casa” dell’altro fronte hanno disperso le chances per rovesciare il tavolo. Fratelli d’Italia si rafforza, Forza Italia rientra in consiglio, mentre un leggero calo della Lega viene largamente compensato dalla trionfale conferma del vicepresidente Mattia Micheli, espressione di quell’esercito di consiglieri sparsi nei vari comuni e guidato con maestria dal sottosegretario regionale Mauro Piazza. Il centrosinistra soffre la deriva di un PD sempre più in stato di lento suicidio, non si capisce se assistito o indotto. Come si può altrimenti definire la scelta di avallare la candidatura di Andrea Frigerio, consigliere di Fattore Lecco, di proprietà Gattinoni, nella lista dei civici, anziché sostenere uniti i candidati di centrosinistra? Pare di intendere che, pur di tenere insieme sindaco e maggioranza, al PD vada bene tutto, rospi compresi e ingoiati.

Quel che più mi stupisce, anche sulla base della mia esperienza politica nella DC, laddove il potere e i posti venivano distribuiti, roba da farmacisti, tra le correnti in proporzione alle percentuali congressuali, è lo spazio regalato ai nuovi “socialisti” della sinistra di Alleanza Verdi Sinistra, capitanata da quell’Alberto Anghileri che deve avere subito una metamorfosi antropologica: da uomo e sindacalista tutto d’un pezzo a pezzo forte di un sistema che lui stesso ha combattuto per una vita. Basti l’elenco delle poltrone riservate ai partitini targati AVS: il senatore Tino Magni in lista bloccata, il consigliere di Linee Lecco Marco Molgora (pure presidente del parco di Montevecchia) l’ex capogruppo in provincia Paolo Lanfranchi, il neo giovane presidente dei sindaci dell’Ats Emanuele Manzoni (assessore a Lecco) e pure il consigliere di area in Silea. Una vera e propria occupazione militare, al punto che non mi stupirei di trovarmi il comandante- camaleonte Anghileri al posto della forzista Angela Fortino alla presidenza delle scuole paritarie per garantire anche lì il cambio di passo, dopo quello del sostegno convinto all’aumento delle tasse dei lecchesi, nonostante i tanti fondi del Pnrr.

In definitiva avremo una provincia più forte o più debole, che è quello che interessa ai cittadini e alle imprese? Guardando alla continuità garantita per il prossimo anno e mezzo, c’è ragione di credere in una navigazione fruttuosa che permetterà anche di celebrare nei fatti senza fuochi d’artificio e profluvio di retorica, i trent’anni della Provincia autonoma di Lecco. Credo anche che la presidente Alessandra Hoffman, scansato il pericolo di ritrovarsi in un consiglio fluido e senza una maggioranza definita, saprà rilanciare il ruolo della provincia, ponendosi anzitutto come punto di riferimento degli 88 comuni lecchesi e dedicandosi ad avviare una incisiva, capillare e concreta promozione dell’ente, a partire dalle giovani generazioni. Magari dalle scuole. Non è questione di targa, ma di identità e di capacità di rilanciare da Villa Locatelli le dinamiche economiche, sociale, relazionali che hanno creato e alimentato il cosiddetto “sistema Lecco”.

Se poi qualcuno, anche nel centrodestra, si divertirà a scatenare fibrillazioni per meschini calcoli di parte, con azioni più degni di Gianburrasca che di un rappresentante del popolo, se la vedrà con la sua coscienza, con le sue responsabilità, con la sua etica. O almeno etichetta.

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