G7 sviluppo: falliti gli obiettivi decisivi

fra tutti i G7 di questo anno di presidenza italiana del club dei più ricchi dell’Occidente quello dedicato allo sviluppo pochi giorni fa a Pescara è stato il più dimenticato. È finito nell’oblio, perché la materia è saldamente nel cono d’ombra della geopolitica internazionale. È il destino della cooperazione, nonostante i roboanti richiami al cosiddetto «Piano Mattei» per l’Africa. Eppure l’occasione era ghiotta. Attorno al tavolo i ministri della cooperazione avrebbero potuto battersi il petto, meo culpa collettiva per l’insuccesso consapevole di ogni politica e per aver ridotto ogni contributo. La Dichiarazione finale invece ripete come un mantra semanticamente ammuffito le stesse parole di sempre. Si auspica «una risposta globale ambiziosa alle sfide dello sviluppo e alle molteplici crisi che stanno frenando progressi verso l’attuazione dell’Agenda 2030 e il raggiungimento dei suoi obiettivi di sviluppo sostenibile». Parole impeccabili di una politica che destina denaro solo allo sviluppo dell’industria globale delle armi.

Gli obiettivi dell’Agenda 2030 non sono stati raggiunti né lo saranno perché mai finanziati secondo gli impegni. Il primo obiettivo è quello dello sradicamento della fame e della povertà estrema, mentre il secondo riguarda l’educazione primaria da rendere universale, cosa che oggi non è affatto. L’istruzione è fondamentale perché il primo obiettivo venga almeno sfiorato. È l’educazione che permette ad un Paese di utilizzare bene le risorse intellettuali e materiali per la salute, le garanzie circa i diritti e quindi per lo sviluppo, la democrazia e la pace.

Il Papa, attraverso una lettera firmata dal Segretario di Stato Cardinale Pietro Parolin al ministro degli Esteri e dello Sviluppo Antonio Tajani, ha espresso apprezzamento per questo capitolo del G7 diffuso. L’argomento è di quelli cruciali. L’attenzione primaria è sempre sull’Africa e Francesco nella lettera lo sottolinea invitando a gettare il cuore oltre l’ostacolo e ad operare per la causa degli ultimi, per promuovere in maniera più efficace i valori di solidarietà, l’impegno umanitario, la fraternità tra i popoli. Anche al Papa preme che i ministri dei governi più ricchi, responsabili non da soli della rapina africana, possano ravvedersi e cambiare la direzione delle cose.

L’educazione è strategica e decisiva. L’Unione africana ha proclamato il 2024 «Anno dell’educazione» nella speranza che qualcuno dia una mano. Eppure a livello internazionale per l’educazione le risorse sono pochissime e non solo nei Paesi più poveri. Ma sono quelle che possono cambiare il corso degli eventi. A Pescara nei giorni del G7, quasi a fornire materia di riflessione ai ministri, si sono riuniti i rappresentanti delle Congregazioni missionarie, le uniche nel panorama mondiale a parlare con chiarezza su guai e strumenti per affrontarli. C’è una Chiesa in prima linea nella cooperazione allo sviluppo e nell’educazione. C’è un Papa che ha aperto un Giubileo a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, il posto più povero della terra.

A Pescara a scuotere gli animi dei ministri è andato padre Giulio Albanese, missionario comboniano che sa e parla chiaro. Ha raccontato una sfida che nessuno può permettersi di perdere. L’Africa è il futuro di un pianeta sempre più vecchio e stanco. Oggi l’età media è 20 anni e fra 30 anni la metà di chi ha meno di 18 anni abiterà in Africa. Eppure l’86% degli africani non impara a leggere e scrivere prima, se va bene, dei 10 anni. Per la scuola i soldi non ci sono in Paesi dove la rapina delle risorse e gli interessi sul debito schiantano la vita. Non è più una questione di auspici. Bisogna metterci i soldi e non prometterli.

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