Editoriali / Lecco città
Lunedì 24 Giugno 2013
«Fondi Cometa per il rilancio
Usiamoli nelle ditte in crisi»
Quando una grande impresa lascia l’Italia ci si preoccupa dei dipendenti che questa azienda lascerà senza lavoro. E’ il caso della Bessel Candy di Santa Maria Hoé, meno 200 occupati, oppure in tempi passati della Riello di Lecco, meno 144 lavoratori.
Drammi che tuttavia sono solo la punta di un iceberg, perché queste aziende vivevano anche grazie a un indotto di medie e piccole imprese che hanno perso i loro clienti principali e che quindi a loro volta chiudono i battenti e lasciano altri lavoratori senza lavoro. «Sono tre i settori che sul nostro territorio rischiano di scomparire proprio a causa della crisi delle grandi industrie di riferimento – racconta Diego Riva, segretario della Fiom di Lecco – Parlo dell’elettrodomestico, del siderurgico e, in misura minore, dell’automotive che comunque colpisce altre province a noi vicine. La crisi che investe Candy, ma anche Indesit ed Elettrolux, si ripercuote sulle piccole imprese del territorio che lavorano per loro. Così come la crisi della Lucchini di Piombino e quindi di Lecco fa tremare tante altre aziende che lavorano con questa azienda. Lo stesso vale per Fiat e per altre grandi case europee che hanno in Italia parecchi fornitori, nel metalmeccanico e nel settore plastico».
L’idea già lanciata dal ministero dello Sviluppo economico e accolta positivamente dal sindacato è di affrontare le crisi in modo settoriale: «Lo Stato deve sostenere gli investimenti in questi tre settori perché la chiusura di queste aziende comporta a pioggia lo spegnimento delle piccole e medie realtà industriali. Un contributo sono pronti a darlo anche i lavoratori per esempio noi siamo disposti a rilanciare l’idea di sfruttare i fondi pensionistici integrativi dei metalmeccanici di Cometa».
Il fondo Cometa conta 426.734 aderenti e un patrimonio di sette miliardi di euro (7.310.476.916 di euro alla fine del 2012) e questi soldi, che sono frutto della contribuzione di lavoratori italiani e dei loro datori di lavoro, vengono attualmente investiti per lo più all’estero: «Perché non usare questi fondi per inserirli nelle imprese del siderurgico, dell’elettrodomestico e dell’automotive così da rilanciare questi tre settori strategici del metalmeccanico? – si domanda Riva -. E’ una proposta che noi della Fiom abbiamo già posto e che rilanciamo in questo momento di affanno di alcuni settori, che hanno bisogno di investimenti volti a un’industria di qualità. Sappiamo che l’industria italiana ha delle potenzialità, che potrebbe fare meglio se solo ci fosse qualcuno disposto a investire».n G. Riv.
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