Editoriali / Lago
Giovedì 14 Agosto 2014
Esino, quando il parroco
“inventò” l’arazzeria
Nell’ultimo “Quaderno” un pezzo di storia speciale: dal ’36 al ’62 fiorì un’attività artigianale di qualità. Lavoro per le donne. E re Vittorio Emanuele gradì
L’ultimo dei “Quaderni di storia esinese” di Valerio Ricciardelli è dedicato alla Scuola di arazzeria di Esino, aperta per un quarto di secolo in paese, dal 1936 al 1962.
Ispiratore è stato l’allora parroco don Giovani Battista Rocca, un prete «con una vocazione solida e convinta» che nelle sue opere ancora oggi dimostra una grande attualità.
«Don Rocca – ha spiegato in conferenza di presentazione Ricciardelli – ha portato avanti una pastorale innovativa per quell’epoca. La pastorale del lavoro per le donne, attraverso gli arazzi. In uno scambio di vedute con il cardinale Schuster, don Rocca si chiedeva cosa poter fare per evitare che le giovani di Esino scendessero in città a fare le donne di servizio, precludendo così la possibilità di farsi una famiglia».
Provenendo da una famiglia del settore tessile, il parroco lanciò l’idea degli arazzi arrivando nel 1938 a brevettare il suo modello di telaio.
Un arazzetto di Esino, l’arazzo delle armi antiche, è stato acquistato il 6 aprile 1940 da re Vittorio Emanuele III durante la visita per l’inaugurazione della Triennale di Milano e pagato 1.500 lire, cifra superiore a tutti gli altri oggetti comperati.
Un filmato dell’Istituto Luce, girato nell’occasione, mise in evidenza due arazzi simili fatti ad Esino\, uno da Italia Adamoli, l’altro da Teresa Barindelli.
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