Economia, servono più immigrati regolari

Il Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nel suo intervento al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione ha evidenziato, con riferimento al progetto economico europeo, le “difficoltà di integrazione degli immigrati”, aggiungendo che “è fondamentale proseguire il cammino di integrazione” ai fini della ripresa dell’economia europea. Riguardo all’Italia il governatore ha poi detto che dobbiamo aumentare la concorrenza, il capitale umano, l’occupazione di giovani e donne, la produttività e “definire politiche migratorie adeguate”.

La sfida che preoccupa di più è quella demografica. Secondo Bankitalia nel 2040 in Italia potrebbero esserci 5,4 milioni di persone in meno tra i 15 e i 64 anni mentre la forza lavoro potrebbe calare del 9% e di altrettanto il Pil. Occorre, dice Panetta, favorire “un afflusso di lavoratori stranieri regolari che costituiscono una risposta razionale sul piano economico”. Anche il ministro Matteo Salvini, sempre a Rimini, ha dichiarato che “Aiutare l’immigrazione regolare e l’integrazione è fondamentale, è una delle priorità della Lega”.

Il presidente di Confindustria Veneto, Enrico Carraro, ha apprezzato l’intervento del Governatore sui flussi migratori regolari, che vanno incrementati. I nuovi lavoratori, ha aggiunto Carraro, creano sviluppo e ad essi dobbiamo offrire non solo lavoro ma anche formazione e diritti. Perciò, Carraro ha approvato l’intervento del ministro Tajani sullo ius scholae, perché “i migranti e i loro figli devono essere inseriti in un contesto virtuoso per la crescita”. I nuovi lavoratori sosterranno in futuro il nostro sistema pensionistico, minacciato dal calo demografico, che non porta crescita e benessere.

Abbiamo, dunque, bisogno di immigrazione controllata e programmata perché le aziende devono poter contare sulla manodopera (anche specializzata). L’Italia conta 5,6 anziani per bambino e nei primi sei mesi del 2023 sono state registrate 3.500 nascite in meno rispetto allo stesso periodo del 2022. Senza correttivi, quindi, è prevedibile un crollo. La scommessa è realizzare un’immigrazione regolare perché mancano soprattutto persone che lavorano nei campi e che trasformano il prodotto. Questo è anche l’appello lanciato dai Cavalieri del lavoro riuniti in un convegno a Bari sul tema “Il futuro del lavoro”.

L’immigrazione è un fenomeno epocale e mondiale. Sono 280 milioni i migranti internazionali che vivono fuori dal Paese in cui sono nati, il 3,6% della popolazione mondiale (nel 2000 erano il 2,8%). Il 47% sono cristiani, il 29% musulmani, il 13% non professa alcuna fede. La decisione di emigrare non è mossa dall’etnia, dalla religione o dalla cultura, ma dal desiderio o dalla necessità di spostarsi. I lavoratori stranieri in Italia sono circa il 10% (2,4 milioni) e raggiungono il 28,9% tra il personale non qualificato. I restanti stranieri vengono occultati nei Cpr dove possono restare fino a 18 mesi o rimpatriati nei Paesi con i quali esistono accordi. Il centro di raccolta in Albania, molto costoso, non funziona ancora. Non esiste invece alcuno strumento di integrazione, di regolarizzazione e di formazione, presupposto indispensabile per l’inserimento nel mondo del lavoro.

Certo, aprire indiscriminatamente le frontiere è del tutto insostenibile, ma anche pensare di chiudere ermeticamente i confini non regge. Si tratta piuttosto di costruire un equilibrio tra esigenze umanitarie affermate dalla nostra Costituzione, esigenze sempre più pressanti dal mondo delle imprese (che chiedono manodopera) e la capacità sociale e politica di assorbimento dello straniero (tema delicato che suscita paure e resistenze).

Il decreto flussi del Governo che prevede 452 mila ingressi regolari per il triennio 2023 – 2025 appare inadeguato, se si considera che la domanda espressa dalle imprese italiane è di oltre 800 mila lavoratori immigrati. Poiché i rimpatri sono pochi e difficili, le migrazioni sono inarrestabili e gli accordi con i Paesi africani hanno dato scarsi risultati, non resta che seguire la strada dei flussi programmati tenendo conto delle richieste delle imprese.

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