All’ultima riunione dell’Alleanza Atlantica il segretario generale designato a succedere a Jens Stoltenberg, l’olandese Mark Rutte, si è rivolto al cancelliere tedesco con queste parole: Olaf almeno tu dì qualcosa, al che Scholz pare abbia risposto ma anche tu Mark non dici niente e poi abbia continuato a tacere. Una ricostruzione del settimanale «Der Spiegel» che per quanto giornalistica coglie nel segno: anche a Berlino non si è sicuri di niente. È tutto vero, i governi in Occidente sono in confusione esattamente come i loro elettori e l’opinione pubblica. E questa è la democrazia. Il che vuol dire che questa confusione si vede e si sente. Diversamente dai sistemi autoritari non c’è bisogno di guerre per dare sfogo alle pulsioni interne. Vedi la Russia in Ucraina e la Cina con Taiwan. Qui la guerra la facciamo nello sport tra di noi. Ci bastano i campionati di calcio per dar corpo al nostro orgoglio nazionale e farlo correre su una palla rotolante. Che esaurisce la sua forza appena si smette di calciarla. Non ci creiamo un capro espiatorio esterno per indirizzare tutta la nostra rabbia.
Pare che Biden si sia complimentato con Meloni al recente G7 in Puglia con un «non l’avevo ancor ben capito ma sei tu il capo di governo più stabile in Europa». Un’ammissione che nelle intenzioni del vertice Nato per il 75° anniversario della sua fondazione darebbe all’Italia opportunità per guidare il fronte Sud dell’alleanza. Anche perché fino ad ieri nessuno in Occidente avrebbe designato l’Italia come luogo di stabilità. E non è solo questione di Pil che comunque osservato resta la metà di quello tedesco. E nemmeno di posizione nel mondo.
Ottava potenza industriale superata recentemente dall’India, mentre i tedeschi sono saliti al terzo posto dopo aver accelerato sul Giappone che ha venti milioni di abitanti in più della Germania. La questione è che gli italiani sono spesso gravati da una mancanza di autostima che ne limita le opportunità. Usa, Regno Unito, Francia, Germania in tutto ciò che fanno ambiscono ad essere i numero uno. Mentre gli italiani si accontentano delle loro nicchie. Lusso, cucina, alimentari, turismo. Si dice made in Italy ma si dimenticano la meccanica, la meccatronica, la motoristica e le nuove tecnologie. Un tema che sembra aver capito anche il governo italiano che mira a potenziare la forza industriale dello Stato, coinvolgere Stellantis nel rilancio del Paese e fare di Leonardo e Fincantieri i punti di forza dell’ingegneria spaziale e cantieristica. Perché l’Italia è la seconda manifattura d’Europa ma in pochi se ne sono accorti e poi nei posti chiave come quello Nato e della Commissione europea ci vanno olandesi e tedeschi.
Al momento all’Occidente manca una guida sicura. Le elezioni in Francia hanno mostrato un Paese vulnerabile. L’Arabia Saudita annuncia di non comprare più titoli di Stato francesi nel caso fossero espropriati i 300 miliardi di euro russi depositati nelle banche europee. La seguirebbero nelle intenzioni Cina, India, Indonesia e Brasile. Se dovesse accadere per la Francia sarebbe la sciagura. La attenderebbe una crisi di debito con conseguenze anche in Italia.In un mondo che cambia la stabilità diventa un bene prezioso. Cina e Russia hanno fatto dell’autorità intesa come ordine e capacità decisionale il loro marchio. Offrono certezza a chi è disposto a sacrificare parte della propria libertà. Ed è questa l’insidia più sottile.
Ma ancora una volta la Gran Bretagna nei momenti di crisi mostra resilienza. I conservatori hanno cambiato leader quattro volte nello spazio di sette anni per restare alla guida del Paese. Non ci sono riusciti. Adesso tocca ai laburisti con una maggioranza stabile. Il sistema democratico tiene. E per l’Occidente è una bella notizia.
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