Democrazia, modello in crisi che va difeso

La democrazia nel mondo vive una stagione di grande incertezza e di crisi. Secondo l’Economist quasi la metà della popolazione mondiale vive in un regime che si dichiara democratico (45,4%), ma solo il 7,8% risiede in una “democrazia piena”, mentre più di un terzo della popolazione mondiale vive in un regime autoritario (39,4%).

Il secolo XX è stato il secolo della democrazia nelle sue varie forme comprendenti la democrazia plebiscitaria e quella rappresentativa, la democrazia competitiva e quella deliberativa, la democrazia partecipativa e quella costituzionale. Un secolo che aveva cercato una soluzione al problema della conciliazione della democrazia costituzionale con il capitalismo della globalizzazione, ma quest’ultimo si è dimostrato poco disponibile ad essere subordinato ai parametri della democrazia.

In proposito sono ancora attuali le considerazioni del filosofo e giurista Norberto Bobbio nel suo saggio “Il futuro della democrazia”, in cui egli si interrogava sulle “promesse non mantenute della democrazia”, tra le quali la prevalenza degli interessi corporativi sull’interesse generale, la persistenza delle oligarchie, la mancata estensione della democrazia dall’ambito politico a quello sociale, la permanenza del “potere invisibile” costituito dai “poteri forti” e dai “poteri occulti”, la mancata educazione del cittadino al dibattito pubblico. Mentre il dilagare dell’apatia politica e delle spinte populiste configura scenari preoccupanti. Molti segni indicano oggi che l’Occidente sta perdendo la fiducia in se stesso, nella sua unità, nella capacità di governare il mondo, alla ricerca di terze vie, di modelli ibridi tra democrazia e autoritarismo. Dopo la caduta del muro di Berlino si sperava che la democrazia potesse diventare il modello politico di riferimento del mondo intero. Invece, è evidente che rimane ben radicata solo in Occidente.

Ciò fa ritenere che in un mondo globalizzato bisogna abituarsi all’idea che ci siano aree del mondo che resteranno a lungo non democratiche. Né va sottovalutato il rischio dello svuotamento interno della democrazia. La storia insegna che molti dittatori hanno preso il potere attraverso elezioni legittime. E a volte si danno per scontate modalità di elezione che sono solo in apparenza democratiche, come ha dimostrato il plebiscito per Putin.

La verità è che la democrazia non può reggere all’attuale concentrazione di potere politico, economico e tecnologico nelle mani di pochi soggetti. Il nuovo capitalismo globalizzato non ha più bisogno della democrazia liberale per continuare ad accumulare profitto. In Europa e negli Stati Uniti il potere delle democrazie ha ormai abdicato agli interessi del denaro e dei potentati economici. Il costituzionalismo democratico ha cessato il suo cammino e gli Stati europei vanno perdendo la loro identità. Nel frattempo, in concorrenza alle democrazie occidentali un blocco di capitalismo autoritario si sta costituendo fra Russia e Cina. E gli Enti internazionali vanno perdendo la loro autorevolezza, come l’Onu, la Nato, l’Ue, la Corte di giustizia europea. In Italia oggi i partiti, i sindacati, le associazioni di categoria sono tutti in crisi. Il Parlamento ha perso la sua centralità. Molte normative sotto forma di decreti legge vengono varate dal Governo per essere poi ratificate dal Parlamento. Molte decisioni soprattutto in materia economica vengono prese in sede europea. Esiste anche il possibile rischio di una “dittatura della maggioranza”, come scrisse Alexis de Tocqueville nel suo saggio “La democrazia in America”.

Eppure, per quanto rissosa, difficile, in perenne equilibrio instabile, dobbiamo riconoscere che non ci sono alternative al nostro modello di democrazia, fondata sulla separazione dei poteri, libere elezioni, libertà, uguaglianza, giustizia sociale, presenza di partiti, Parlamento libero, fedeltà alla Costituzione. È ancora attuale quanto affermò Winston Churchill in un discorso alla Camera dei Comuni: «La democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per le altre forme che si sono sperimentate sinora».

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