Non solo voto: la democrazia si regge su ideali e sul loro confronto costruttivo.
Il termine ideale deriva dal greco e significa “vedere”: è dunque un concetto personale di rappresentazione del reale. Ideologia (o ideologismo) è invece un complesso o una combinazione di idee, pratiche e visioni del mondo condivise. Da ogni ideologia è possibile risalire a un ideale che rispecchia la più intima convinzione individuale. Ciascuno sceglie di abbracciare un ideale in base alle proprie esperienze, alla propria sensibilità, al proprio carattere, al proprio percorso formativo e intellettuale. Non da meno in ogni epoca si è assistito al comportamento di esponenti politici che, agendo in nome di un’ideologia, hanno pensato quasi esclusivamente al soddisfacimento dei propri interessi, infangando la reputazione dell’ideale che ne era alla base. Negli anni tutto ciò ha alimentato un clima di sfiducia verso ogni ideologia, con un crescente astensionismo popolare che oggi limita pesantemente la rappresentatività dei cittadini alla vita democratica del Paese.
Partire però dalla costatazione del progressivo fallimento delle principali «ideologie politiche» per decretare la definitiva scomparsa di ogni visione ideologica e strutturata del pensiero civile appare atteggiamento puerile e storicamente miope, perché privo di fondamento. Questo è, purtroppo, il portato della nostra “società liquida” e “post ideologica”. È sempre più diffusa l’idea che non esistano differenti categorie d’indirizzo del pensiero politico (destra, sinistra, centro ecc.) preferendo dare spazio a scelte personalistiche frutto di ricorrenti «infatuazioni», nella convinzione che il cosiddetto “uomo solo al comando” - Vannacci docet - possa portare alla soluzione di ogni problema. In realtà, credere di vivere in un’era priva di ideologie è essa stessa un’ideologia e anche una delle più totalizzanti e persuasive. Questa posizione nasce dall’equivoco d’identificare la parola ideologia solo come qualcosa di negativo e pericoloso, trascurando di considerare che essa è, soprattutto, un complesso di credenze, opinioni, rappresentazioni e valori che definiscono una determinata appartenenza laica. Le ideologie permangono e permarranno in quanto le «spinte ideali» che orientano i gruppi sociali sono esistite, esistono ed esisteranno sempre. Assai più realistico sarebbe affermare che, così come si sono esaurite le grandi ideologie politiche del secolo scorso, se ne esauriranno altre e altre ancora, soppiantate da nuovi “impulsi ideali” capaci di trovare il giusto ancoraggio in nuove ideologie che siano in grado di dare risposte più precise nel confronto quotidiano con la contemporaneità.
Perché l’ideologia, comunque la si pensi, è l’unico e l’ultimo baluardo di autocoscienza che gli esseri umani hanno per fare i conti con i moti della propria dignità, nella duplice dimensione introspettiva e comunitaria. Queste riflessioni erano certamente presenti in quanti, oltre settant’anni fa, contribuirono alla stesura della nostra Carta costituzionale. Essa fu varata in un momento in cui, dopo la fine delle sciagurate esperienze fasciste e naziste e mentre erano ancora presenti le minacce del comunismo sovietico, si rendeva necessario intercettare un efficace punto di sintesi tra i nuovi ideali che si andavano affermando. L’umanesimo cristiano e le tradizioni liberali dovevano combinarsi con le istanze di giustizia sociale proprie della tradizione socialista. L’idea di fondo che riuscì a tenere insieme tutte queste componenti fu la piena consapevolezza che il progresso deve realizzarsi in un contesto di libere iniziative economiche e che la stabilità del sistema si fonda su un soddisfacente grado di giustizia redistributiva.
Creare le condizioni affinché ognuno sia posto in grado di contribuire con la propria opera al progresso civile ed economico della Nazione. L’insegnamento che ci deriva da un’analisi approfondita dei principi ispiratori della nostra Costituzione è che l’assetto sociale più adeguato di un Paese nasce proprio dal confronto costruttivo tra varie ideologie.
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