Al peggio non c’è mai limite. Dopo aver fornito al Cremlino milioni di munizioni di artiglieria e chissà cos’altro, la Corea del Nord sta ora inviando propri militari in Russia, presumibilmente diretti sul fronte ucraino. La conferma arriva dalla Intelligence sud coreana, da quelle occidentali e di Kiev. Lo stesso 38esimo parallelo è tornato a vivere giornate di altissima tensione, giustificate dal lancio con dei droni di volantini anti-dittatura su Pyongyang. Alcune centinaia di metri delle autostrade – invero chiuse – che uniscono il Nord al Sud delle due Coree, sono state fatte clamorosamente esplodere. L’allarme suona in tutte le cancellerie del G7. È una faccenda tremendamente «seria» si è lasciato sfuggire il segretario della Difesa Usa, Austin. Ma cosa sta succedendo? Quella di Kim Jong-Un è una mossa sensata? E quali sono le ragioni di un passo del genere?
Per prima cosa, serve tranquillizzarsi: siamo ancora lontani dall’inizio di un conflitto nella penisola coreana come quello terribile negli anni Cinquanta. Se da un lato Mosca pare sostenere con maggiore fermezza rispetto al passato le ambizioni di Pyongyang, dall’altro Pechino invita alla calma. A Xi Jinping non serve affatto una guerra alle porte di casa, la quale immancabilmente distrarrebbe preziose risorse occidentali dall’Ucraina, ma porterebbe la Cina ad essere osservata speciale ancora più da vicino da americani e da giapponesi. In giugno Russia e Corea del Nord hanno siglato un accordo di !partenariato strategico” in numerosi campi, accordo al momento al vaglio del Parlamento di Mosca.
Dopo decenni di isolamento Kim Jong-Un intravede così finalmente il modo per contare sulla scena internazionale e indirettamente risollevare l’economia disastrata del suo Paese. La scintilla, che ha determinato il nuovo avvicinamento tra Mosca e Pyongyang, è stata proprio l’approvvigionamento delle munizioni compatibili post sovietiche, non più producibili in grandi quantità dai russi e introvabili negli arsenali mondiali. Stando agli esperti militari, solo la maggiore potenza di fuoco sta garantendo ai russi risultati in Ucraina. Quindi Pyongyang esercita un ruolo decisivo in questo momento.
Il grande problema di Putin è che gli uomini a disposizione non sono sufficienti per dare una spallata decisiva. Dai report occidentali e da quanto raccontato dal defunto capo dei mercenari della Wagner Prigozhin, i russi stanno subendo perdite elevate. Mentre il Cremlino tace, la cifra spaventosa che circola in ambienti mediatici è di 600mila tra morti e feriti. I “kontraktniki“(ossia i firmaioli) – pagati a peso d’oro - non bastano più. E indire una nuova mobilitazione provocherebbe enormi contraccolpi economici. Come in passato lo Stato nordcoreano forniva propria manodopera, impegnata nell’Estremo oriente, adesso avviene probabilmente lo stesso con i militari. 12mila, secondo Zelensky, sono quelli destinati a combattere sul fronte ucraino.
Il vantaggio per Kim Jong-Un non sarebbe piccolo, poiché il leader nord coreano si ritroverebbe personale addestrato a reali teatri bellici e nella posizione di richiedere ai russi tecnologia militare sofisticata – di cui è sprovvisto – in funzione anti-Seul. In breve, Kim è oggi l’utile politico per Putin che potrebbe utilizzarlo per spostare l’attenzione lontano dallo spazio ex sovietico. Dal tono delle dichiarazioni al vertice del Brics, Xi se ne rende conto e ha chiesto diplomaticamente al capo del Cremlino di darsi una calmata: Pechino non può proprio permettersi una Pyongyang fuori controllo; e in Ucraina, basta, serve la pace.
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