Quanti sospetti e quante malignità ha scatenato la fuga di notizie sulla convocazione dei parlamentari di FdI per eleggere, oggi, il giudice costituzionale mancante.
In quella convocazione c’era scritto che tutti i deputati e senatori di Fratelli d’Italia dovranno essere presenti «senza eccezione alcuna» e che, se in trasferta, devono far ritorno in tempo per votare. A leggerlo così, un messaggio di routine: da che mondo e mondo tutte le convocazioni dei gruppi sono «senza accezione alcuna». Ma questa volta la cosa ha fatto boom perché un paio di giornali l’hanno pubblicato trattandosi di elezione delicatissima, e soprattutto hanno stampato la immediata reazione furibonda della premier una volta che l’ordine partito in via riservata ai parlamentari è diventato nero su bianco. Meloni addirittura ha minacciato di mandare tutti a quel paese «se deve arrivare a guardarsi le spalle dalla “talpa”» che cova nei suoi sotterranei e che viene definita senza troppi giri di parole «un infame». Contro il quale il ministro della Difesa, Crosetto ha minacciato addirittura una denuncia.
Perché tutta questa arrabbiatura? Per la ragione che questa volta l’elezione di un nuovo giudice costituzionale non è cosa di ordinaria amministrazione. Sono mesi che ci si prova, ci sono state ben sette votazioni a vuoto, non si è mai riusciti ad arrivare alla maggioranza richiesta che è molto alta, i due terzi del corpo parlamentare, ben 363 voti, che richiederebbe di prassi l’accordo tra maggioranza e opposizione. Ma Meloni vuole eleggere un signore che le opposizioni mai potrebbero votare, giacché si tratta del consigliere giuridico della presidente del Consiglio, colui che ha scritto materialmente la riforma del premierato che tanto a cuore sta alla destra. L’uomo è uno stimato giurista, Francesco Saverio Marini, insegna Diritto costituzionale all’Università di Roma Tor Vergata, ed è figlio d’arte essendo suo padre il professor Annibale Marini che fu presidente della Corte Costituzionale e poi membro laico, su indicazione della destra, del Csm. Marini junior è accanto alla Meloni fin dal primo giorno del governo (in realtà lei lo consultava anche prima) con un incarico formale, ed è qui che le opposizioni protestano: come potrebbe il consigliere del premier essere un giudice costituzionale super partes? Qui ci avviciniamo alla bollentissima questione che rischia di far saltare non solo il governo ma la legislatura. La Corte infatti dovrà presto giudicare le riforme del governo: premierato e autonomia differenziata. Senza contare il referendum sulla cittadinanza degli extracomunitari promosso dalla sinistra che ha già superato il mezzo milione di firme.
E si comincia subito, il 12 novembre, quando a palazzo della Consulta si riuniranno per cominciare a discutere della legittimità costituzionale della riforma Calderoli sull’autonomia differenziata delle regioni. Una riforma già approvata in via definitiva dal governo (con parecchi mugugni soprattutto in Forza Italia e diverse riserve in Fratelli d’Italia) contro il quale si sono schierate ben quattro regioni: Campania, Puglia, Toscana e Sardegna. E sul quale si terrà sicuramente un referendum visto che tutte le opposizioni finora hanno raccolto ben un milione e 250mila firme. Se il referendum fosse convalidato dalla Corte, la sua sorte sarebbe quantomeno incerta dal momento che tutto il Sud voterebbe compattamente contro. La Lega non potrebbe mai sopportare un simile schiaffo e reagirebbe a modo suo. Il governo sarebbe a rischio. Tanto più se venisse a cadere anche l’altra riforma, quella sul premierato che vuole Meloni e che Marini ha redatto. «Come può l’estensore di una legge giudicarne la costituzionalità?» protestano le opposizioni minacciando di lasciare l’aula per protesta. Ecco perché tanto can can per un sms reso pubblico: la talpa, se voleva colpire, ha colpito benissimo, e non è per niente cieca.
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