Per capire lo stato dei rapporti tra Salvini e Tajani, basta rileggersi il commento del leader della Lega a quanto detto dal suo collega vice premier a proposito della vittoria dell’estrema destra in Austria, e cioè che bisogna bloccare «ogni rigurgito neonazista» e che nessun accordo deve essere fatto con il partito di Herbert Kickl per formare il governo di Vienna.
«Qualcuno ha mangiato troppo e ha dormito male», ha risposto a brutto muso Salvini a Tajani ricordandogli che «il voto degli elettori va rispettato sempre». Quantomeno irridente. Del resto Lega e Fpoe in Europa sono alleati ed assumono posizioni simili contro l’invio di armi agli ucraini oppure contro la politica green della Commissione. Posizioni che Forza Italia rigetta richiamando sempre «che è dal centro che si governa contro i danni che fanno sia l’estrema sinistra che l’estrema destra».
Ma non è certo solo la politica estera a dividere i due partiti. C’è, fresca di giornata, la polemica sulla cosiddetta «Autonomia differenziata»: sempre Tajani ha espresso parere nettamente negativo a cedere alle regioni la competenza sul commercio estero e i rapporti internazionali considerandolo un vulnus all’unicità dell’azione dello Stato. A sostegno della posizione di Tajani, quella dei governatori del Sud tra i quali l’azzurro Occhiuto (Calabria) che ha invitato la coalizione a frenare su una legge dagli esiti imprevedibili. Sono tutte prese di distanza che irritano fortemente la Lega che considera la legge Calderoli un punto irrinunciabile e non tollera riserve e ritardi dagli alleati.
Tanto per restituire il colpo, Salvini è tornato a proporre un ulteriore taglio al canone Rai da 90 a 70 euro: alla precedente sforbiciata ha dovuto far fronte l’Erario con un esborso di centinaia di milioni di euro ma a questa, se dovesse andare in porto, sarebbe inevitabile riparare con un aumento del tetto pubblicitario imposto alla Rai che si tradurrebbe in minori introiti per le altre tv, a cominciare da Mediaset. Si capisce la reazione della famiglia Berlusconi e, di conseguenza, di Forza Italia. Che rilancia con il suo progetto di legge sullo ius schola e per l’integrazione degli immigrati legali, un’idea che la Lega paragona ad un dito in un occhio di Salvini: «Non è nel programma, non se ne parla nemmeno!».Giorgia Meloni guarda la scena dello scontro dei suoi due alleati e un po’ media, un po’ tace: tace sulle elezioni austriache, tace sulla Rai, rimanda sulla cittadinanza, media sull’Autonomia differenziata (che lei avrebbe preferito posporre alla riforma del premierato caro alla destra). Se il centrodestra soffre ma poi si ricompatta in aula e nella gestione del potere governativo, il centrosinistra soffre e si divide, forse definitivamente (ma su queste faccende la certezza non c’è mai).
Allo stato Elly Schlein e Giuseppe Conte neanche si parlano e il campo largo viene considerato chiuso. Quantomeno in Liguria dove è l’alleanza tra Pd e M5S che dovrebbe sostenere il candidato del centrosinistra, l’ex ministro Orlando si è incrinata sul nodo del rapporto con Matteo Renzi: «O noi o lui», ha intimato Conte al Pd. Dopo lo scandalo che ha travolto la giunta di Giovanni Toti, per la sinistra si è riaperta la possibilità di riconquistare la guida di una regione che fu “rossa”: la polemica invece rischia di far sfumare un’occasione d’oro (che potrebbe influenzare anche le elezioni in Umbria ed Emilia Romagna).
Ma motivi di polemica ce ne sono tanti tra i due partiti, a cominciare dalla Rai. Il M5S ha votato per il nuovo Consiglio di amministrazione e ha piazzato un suo esponente (insieme a quello espresso da Sinistra e Verdi) mentre il Pd ha scelto l’Aventino. Adesso si tratta di votare il nuovo presidente dell’azienda: a suo tempo le opposizioni avevano deciso di non partecipare al voto sulla candidata del centrodestra Simona Agnes: per come stanno le cose, a via del Nazareno dubitano che Conte mantenga la parola data. Il continuo scavalcamento a sinistra da parte del M5S (per esempio sulla politica estera, dal no alle armi all’Ucraina al giudizio sulla condotta di Israele) mette in difficoltà il Pd anche se la segretaria continua a definirsi «testardamente unitaria».
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