Calamità: aiuti statali oltre alle polizze

È un fatto. Il clima è cambiato, e le conseguenze si abbattono su di noi come una piaga biblica: bombe d’acqua, alluvioni, frane. Oggi non si tratta più di chiedersi se questi eventi catastrofici si ripeteranno, ma quando lo faranno. E la domanda che segue, immancabile come un ritornello, è sempre la stessa: chi paga i danni? Il governo, con un colpo di realismo che merita riconoscimento, ha deciso che le imprese devono correre ai ripari stipulando entro il 31 dicembre 2024 polizze assicurative obbligatorie contro i disastri naturali. Il meccanismo rimane più o meno sempre lo stesso: versare annualmente un premio a chi ci pagherà in caso di danni di vario tipo. Ma solo per le aziende. Per il momento, anche se il governo prevede possa essere introdotto entro la fine della legislatura, non c’è l’obbligo per le famiglie di sottoscrivere un’assicurazione su eventi atmosferici.

In Europa tale obbligo è previsto solo in Francia e in Spagna. Nel Belgio, le polizze assicurative per la casa e le imprese includono una copertura obbligatoria contro alcuni eventi di calamità naturale, come inondazioni e tempeste. Anche la Turchia lo adotta, pur non facendo parte dell’Unione. Nel resto del continente si tende a incoraggiare questo tipo di polizze attraverso incentivi e detrazioni statali.

Dunque, se per le imprese non c’è scelta, per i privati le compagnie stanno offrendo polizze di protezione dagli eventi atmosferici e tocca quindi ai risparmiatori valutare se aggiungere o meno una nuova voce di uscita al proprio bilancio.Ogni famiglia dovrà valutare l’opportunità di un contratto aggiuntivo e confrontare le diverse offerte in circolazione. Se per la Francia siamo già un passo avanti, per le famiglie italiane il discorso è ancora aperto. Si discute, si litiga, e come spesso accade, la soluzione tarda ad arrivare.

Quanto al governo, da una parte, c’è chi spinge per un obbligo anche per i privati cittadini, come suggerito dal ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, che afferma che lo Stato non può più farsi carico di tutti i danni causati da calamità naturali.

Ma dall’altra parte, ci sono coloro che gridano allo scandalo, come alcuni parlamentari della Lega o l’opposizione, preoccupati che l’obbligo di una polizza per la casa si trasformi in una tassa mascherata, che finirà per gravare solo su chi già fatica a far quadrare i conti.Ed è qui che si nasconde la verità. Perché entrambe le posizioni, in fondo, dicono qualcosa di giusto. Da una parte, non possiamo far finta che questi eventi non accadano e l’assicurazione obbligatoria rappresenta un passo logico e necessario. Dall’altra, è vero anche che non tutti possono permettersi di pagare un premio assicurativo aggiuntivo, specie in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo.

La soluzione, dunque, è una via di mezzo, come spesso accade quando si deve navigare tra due estremi.

L’obbligo di assicurarsi può essere una buona idea, ma va accompagnato da una rete di sostegno statale per coloro che non hanno le risorse per farlo, oltre a “calmierare” le polizze (prevedendo anche multe per le compagnie assicurative che si rifiutassero, come in effetti prevede il decreto). Incentivi, detrazioni fiscali, bonus, limiti alle polizze, finanziamenti per le famiglie più vulnerabili.

Lo Stato, insomma, deve fare la sua parte, come la fa quando costruisce le infrastrutture per evitare le frane o gli allagamenti. Altrimenti se diventa un’assicurazione e basta, di fatto si configura come un balzello, o quasi, a favore delle assicurazioni e non è certo una proposta condivisibile o accettabile.

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