Anche l’Austria svolta a destra

In Austria Fpö con quasi il 30% ha vinto le elezioni politiche federali ed è primo partito. Una formazione politica che inneggia a Putin e rifiuta la democrazia. Venerdì scorso, il giorno prima del silenzio elettorale, dirigenti e militanti hanno inneggiato al “sacro Reich tedesco” e cantato in coro l’inno delle SS. Questa è la faccia nascosta del Freiheitliche Partei Österreichs che suona come partito della libertà e che di fronte al ceto medio si presenta come il garante della stabilità, cinque anni di buon governo per l’Austria, il motto elettorale. Una strategia che mira a sottrarre voti al centro e il cui ideatore Herbert Kickl oggi si sente premiato.

I popolari del cancelliere in carica Karl Nehammer hanno perso l’11%. La prima reazione del Partito popolare Övp è stato un rifiuto netto di qualsiasi coalizione di governo. L’obiettivo è isolare quello che è adesso la prima forza politica nel parlamento di Vienna.

Il nuovo possibile governo può contare oltre che sui popolari, sui socialdemocratici anch’essi perdenti con un meno 1% e poi sui Verdi che devono fare i conti su un calo drastico del 5%. Solo i liberali di Neos, associati nel Parlamento europeo al gruppo dei liberaldemocratici di Aldi, hanno guadagnato l’1,6 %.

E’ prevedibile che il presidente federale austriaco il verde Alexander Van der Bellen rifiuti l’incarico di governo al primo partito. Non per faziosità ma perché non vi sono i numeri per fare una coalizione con Fpö, visto il diniego di tutte le altre forze politiche. E già si preannuncia la protesta di piazza del primo partito nel nome di una presunta “democrazia rubata”. Quando si rifiuta la logica della rappresentatività parlamentare, cioè la possibile formazione di una maggioranza stabile anche senza il primo partito, prevale il risentimento.

E’ il primo passo per far passare il concetto che chi ha vinto anche senza la maggioranza del 50% più uno dei voti ha diritto a governare. Il tratto tra populismo e negazione della democrazia è breve. E contrariamente alla Germania, dove AfD è primo partito ma in tre Länder dell’Est tedesco, qui assistiamo ad una consultazione nazionale. Un Paese che ha meno abitanti della Lombardia ma un passato di corresponsabilità con i crimini del nazionalsocialismo.

Una tendenza quella nostalgica che si confonde con il conservatorismo. In Austria la mimetizzazione è riuscita. I voti degli elettori delusi andati al Fpö non sono voti antidemocratici, sono opinioni politiche che i partiti tradizionali non sono riusciti a interpretare. Il cancelliere in carica del partito popolare Nehammer è il grande sconfitto, si è lanciato nella corsa verso la migrazione illegale ma l’ha fatto troppo tardi. E tra un imitatore e l’originale si sceglie sempre il secondo, cioè la protesta eletta a forza politica.

L’Europa va destra. L’Ungheria di Orban, la Slovacchia di Fico, la Germania che dá segnali inquietanti, la Francia di Marine Le Pen, e in Svezia il governo sta in piedi con l’appoggio esterno dei nazionalisti e populisti e in Finlandia i nazionalisti puri sono al governo, in Olanda i nazionalisti fanno la voce grossa ed anche in Danimarca la socialdemocrazia ha tenuto solo perché ha fatto propria l’agenda dei nazionalisti.

In un quadro confuso dove i conservatori spesso non si distinguono dagli etno-populisti e dalle forze antidemocratiche diventa decisivo un capo di governo in grado di dare alla protesta un indirizzo democratico. Un primo ministro che rivendichi il valore della tradizione e dia dignitá politica allo spirito di conservazione. Ed è per questo che nella classe dirigente europea il caso Meloni diventa interessante. Rinunciare alle nostalgie dell’estremismo e guardare al futuro con un occhio al passato è la necessitá della democrazia.

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