Terminata la visione notturna del duello televisivo tra Donald Trump e Kamala Harris, un pensiero, che somiglia quasi a una preghiera, si è fatto molto insistente: cari americani, per favore, risparmiateci Trump. Più ancora: risparmiatelo a voi stessi, non fateci prendere atto che siete caduti così in basso da sceglierlo (per la seconda volta) come vostro presidente e quindi come leader (presunto, nel suo caso) del libero mondo occidentale.
Non pretendo, per quel che vale un punto di vista, di esprimere un giudizio imparziale. Se avessi avuto un passaporto americano, avrei votato Ronald Reagan per vent’anni di fila, avrei gradito vedere alla Casa Bianca il conservatore illuminato Mitt Romney al posto dell’idolatrato politically correct Barack Obama, mi sarebbe piaciuto perfino quel vecchio pistolero di John McCain. Per i nostalgici – anche europei, anche italiani - del partito repubblicano che si è miseramente trasformato nella lista personale di Donald Trump, Kamala Harris può dunque rappresentare solo una cosa: il male minore.
È chiaro che, se oggi un Donald Trump a 78 anni ha ancora e di nuovo forti probabilità di diventare presidente degli Stati Uniti, i suoi avversari democratici portano grosse responsabilità: sono in tantissimi, in particolare, a trovare insopportabile la cappa di conformismo “politicamente corretto” – non di rado oppressiva e francamente demenziale in molti suoi aspetti – che ammorba la vita quotidiana degli americani. Non si sa bene chi l’abbia deciso, ma questo non si può più dire, quello non si può più fare, quell’altro non si può più scrivere e quell’altro ancora tra poco non lo si potrà nemmeno più pensare. Di questa follia i democratici portano una colpa grave, e non possono meravigliarsi se per reazione a imposizioni inaccettabili in tanti, che magari prima non lo avrebbero mai fatto, si “buttano a destra”.
Ma qui sta l’equivoco. Donald Trump, al di là della sua grossolana retorica d’occasione, non è un conservatore, non è di destra (tanto è vero che, in un passato in cui riteneva che gli convenisse, si schierò con i democratici). È un cinico megalomane che pensa solo a promuovere se stesso. Con lui non può valere la rozza semplificazione (che purtroppo notiamo in tanti commentatori e politici italiani) “sta a destra, quindi è dei nostri”.
Donald Trump è un pericoloso mentitore sistematico. Lo si è visto nel dibattito della scorsa notte, dove non ha risparmiato nessuna assurda esagerazione. Dalla sfacciata reiterazione della colossale bugia di una sua mai avvenuta vittoria nelle scorse presidenziali, alle incredibili panzane sul nerissimo 6 gennaio 2021, quando migliaia di forsennati da lui inviati per tentare di forzare la ratifica della sua sconfitta contro Joe Biden assaltarono Capitol Hill. Dalle incredibili balle sui democratici pronti a far abortire le donne al nono mese di gravidanza e perfino a sopprimere bambini già nati, fino ai 21 milioni di immigrati criminali che “mangiano per strada i cani dei cittadini americani”.
È un seminatore di odio che non solo già minaccia “lunghi anni in carcere” a chi ha a suo dire ostacolato la sua vittoria, ma parla con un disprezzo osceno dei suoi avversari (tutti stupidi, incapaci e indegni di confrontarsi con Lui) e dei suoi stessi alleati in Europa e in giro per il mondo. Trump è l’uomo che cita noi europei solo per suscitare in un pubblico superficiale di suoi potenziali elettori la convinzione che siamo degli ingrati parassiti che “devono pagare se vogliono essere difesi dall’America”. È soprattutto l’incompetente bullo, come l’hanno definito i suoi collaboratori di alto livello che l’hanno abbandonato a decine in questi anni, che non comprende come un rapporto di fiducia e collaborazione con le democrazie occidentali sia in primo luogo interesse degli Stati Uniti. Un bullo affascinato dall’esempio inquietante di chi sulla scena mondiale gli somiglia (l’unico leader europeo che ha citato è il servile filorusso ungherese Viktor Orbàn) e che – esattamente al contrario della sua falsa retorica – davvero potrà far esplodere una guerra mondiale regalando l’Ucraina a Vladimir Putin e minando alle basi la sicurezza dell’Europa.
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