Economia / Tirano e Alta valle
Martedì 04 Agosto 2015
Un seme di 300 anni per rilanciare il grano saraceno
Il “curunìn” di Baruffini e il “nustran” di Teglio riconosciuti come qualità autoctone dalla Bicocca. «Un passo importante per il turismo e l’agricoltura»
Il seme di grano saraceno, il “curunìn” di Baruffini, e il seme di Teglio “nustràn” sono gli unici semi italiani autoctoni in base ad una ricerca durata nove anni e condotta dall’Università Bicocca. Per valorizzare la coltura del “curunìn” con influssi in ambito sia agricoli che turistici, è partito a Tirano il progetto “Grano nero” che vede l’associazione Gabbiano come capofila e partner di Comune di Tirano, biblioteca, cooperativa San Michele, associazione Passi e Crinali, cooperativa Kirikù e il museo etnografico.
La prima azione concreta è stata già compiuta con la semina di mille metri quadrati di terreno terrazzato a Baruffini da parte degli ospiti del Gabbiano.
Ieri c’è stata la presentazione del progetto che non sarebbe potuto partire senza il finanziamento delle fondazioni Pro Valtellina e Credito Valtellinese, cui sono andati i ringraziamenti delle parti in causa, e senza la saggezza di Adele De Piaz, un’anziana di Baruffini che per decenni ha gelosamente conservato il seme, stimato di 300 anni d’età.
«Uno degli obiettivi dell’amministrazione è la valorizzazione agricola del territorio - ha detto l’assessore a Cultura e Turismo, Sonia Bombardieri -, per cui sosteniamo questo progetto che, come si capisce dai soggetti coinvolti, ha una forte impronta sociale perché, oltre al recupero del territorio offrirà opportunità di integrazione lavorativa a persone svantaggiate».
Il consigliere con delega all’Agricoltura, Maurizio Mazza, ha sottolineato che «non si ha l’arroganza di ripristinare una coltura che è andata scemando per condizioni economiche e territoriali sfavorevoli, ma ci sembra giusto e doveroso dare valore, dal punto di vista sociale, storico e agricolo, a quello che abbiamo. Forse non ci rendiamo conto dell’importanza di questo seme, che è fortemente legato al turismo. Non c’è turista che passi a Tirano e non voglia mangiare pizzoccheri, prodotti con la farina di grano saraceno».
Il Gabbiano si occupa concretamente della coltivazione del grano saraceno. La semina è stata fatta alla fine del mese di luglio e le prime piantine stanno spuntando in questi giorni. «Averci affidato il recupero di un seme che ha 300 anni di tradizione è una bella responsabilità da portare avanti - ha dichiarato Andrea Patroni dell’associazione Il Gabbiano -, di cui siamo orgogliosi e grati. Il grano saraceno è sempre stato il “pane” quotidiano della nostra gente e, ai tempi, non c’erano campi sporadici come oggi. La fioritura investiva tutta la sponda retica». E ha aggiunto: «Oggi ci siamo buttati nel progetto per diversi motivi: il recupero delle tradizioni, la conservazione della memoria, la speranza di dare futuro a persone con problemi sociali e la creazione di una rete di soggetti che lavorano sul territorio. Affrontiamo la sfida investendo di responsabilità i nostri ragazzi che hanno problemi legati alla tossicodipendenza o all’alcoldipendenza. Siamo convinti che possano raccogliere questa opportunità con un impegno quotidiano e continuativo nel tempo, come il lavoro agricolo comporta».
Un’attività che il Gabbiano porta avanti da tempo coltivando vigneti, meleti e orti. Patroni ha sottolineato anche la valenza educativa del progetto per la società: «I nostri ragazzi possono connotare positivamente il territorio che li ospita con questo servizio». Il primo raccolto sarà a fine ottobre e sarà utilizzato per creare una piccola banca del seme, in modo che questo possa prosperare ed essere distribuito ad altri agricoltori.
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