Economia
Domenica 10 Febbraio 2019
Ticino, ultima sfida
sui nostri frontalieri
«Vanno dimezzati»
A Lugano festa per i 5 anni di “Prima i nostri” con Udc e Lega che minacciano un tetto ai permessi. Gobbi: «Principio giusto da cui non si deroga»
In fondo, tra Svizzera e Italia è sempre stata una questione di numeri. E così ieri al Padiglione Conza di Lugano - a cinque anni esatti dal referendum federale contro l’immigrazione di massa (era il 9 febbraio 2014) - l’Udc ha celebrato la “Festa dei Lavoratori Ticinesi” davanti a 350 sostenitori (450 secondo gli organizzatori) e diversi rappresentanti di spicco della politica del vicino Cantone, a cominciare dai cinque candidati al Consiglio di Stato, 3 in quota Lega dei Ticinesi e 2 in quota Udc.
L’asticella
E così, tra un discorso e l’altro, i due partiti che più di ogni altro in questi anni hanno spinto sull’acceleratore all’insegna dello slogan “Prima i nostri!” hanno fissato l’asticella relativa al numero dei frontalieri che il Ticino dovrebbe oggi (e in futuro) ospitare: 33 mila secondo il presidente Udc Ticino e candidato al Consiglio di Stato Piero Marchesi, 36 mila secondo Attilio Bignasca, imprenditore (peraltro con diversi frontalieri impiegati nell’azienda di famiglia) e figura di spicco della Lega dei Ticinesi in quanto fratello del padre-padrone del partito di via Monte Boglia, Giuliano “Nano” Bignasca (scomparso nel marzo 2013). Oggi i frontalieri impiegati nel vicino Cantone sono 63144, 2 mila in meno - dato da rimarcare - di dodici mesi or sono. Ma al di là degli slogan - da “Prima i nostri!” a “Ci rubano il futuro!” - sono arrivate anche parole concilianti verso i lavoratori italiani che ogni giorno varcano il confine. Le ha pronunciate il presidente del Consiglio di Stato, Claudio Zali: «Non ce l’abbiamo con i lavoratori frontalieri e mi auguro che passi questo messaggio. Semmai il ragionamento è diverso. I numeri esatti li dà l’economia. E in questo contesto “Prima i nostri!”, attraverso il voto dei cittadini, ha detto che il Ticino vuole la preferenza indigena, anche se poi le politiche del lavoro sono materia di competenza federale. Cerchiamo di risolvere i problemi comuni».
Manodopera locale
Diretto il ministro ticinese Norman Gobbi: «La Svizzera ospita oggi la metà dei tutti i lavoratori frontalieri d’Europa. Voi - al di là del confine - ci dipingete come un Paese chiuso, così non è. Siamo più aperti di quanto si voglia far credere. Anch’io non ne faccio una questione di numeri. Mi limito solo a segnalare la crescita della disoccupazione in Ticino. Il principio sul quale non si può derogare è che la manodopera indigena deve avere la priorità. È chiaro che poi, in assenza di risorse, ci si dovrà rivolgere altrove».
Ragionamento ad alta voce, prima di salire sul palco, quello portato avanti da Piero Marchesi: «I frontalieri in Ticino ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Quello che noto è che da anni i conti non tornano più. Faccio un esempio: nel terziario sono stati creati, dall’entrata in vigore della libera circolazione, 42 mila posti di lavori e circa 36-37 mila sono andati a lavoratori provenienti dall’Italia. A parti invertite, voi avreste fatto finta di nulla? Purtroppo si è creata, in Ticino, un’economia che non dà lavoro ai residenti».
«Non faccio commenti sui lavoratori ticinesi o su alcuni di essi, oggi è la loro festa - chiosa Attilio Bignasca -. Però 63 mila frontalieri sono troppi. Investiamo miliardi per la manutenzione delle strade che potremmo dirottare altrove. Come Lega dei Ticinesi abbiamo le mani libere: non dobbiamo subire diktat. Insomma diciamo ciò che pensiamo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA