Tecnici e professionali verso il rialzo
Piccoli segnali positivi per le imprese

Si avvicina sempre più il momento in cui milioni di giovani e di adolescenti dovranno tornare sui banchi di scuola. Molti inizieranno il percorso delle scuole superiori, dopo aver scelto già nei mesi scorsi tra licei, istituti tecnici, professionali e formazione professionale. Secondo i dati del Ministero, proprio per quanto riguarda i nuovi iscritti, ben il 55,6% di questi ha scelto di proseguire il proprio percorso di studi in un liceo.

Un dato in leggera flessione rispetto all’anno scolastico 2023-2024, quando erano il 57,1%. Il contrario di quanto fanno registrare gli istituti tecnici che raccolgono, per il 2024-2025, il 31,6% dei nuovi iscritti contro il 30,9% dell’anno da poco conclusosi. Infine, gli istituti professionali sono stati scelti dal 12,7% dei giovani e dalle loro famiglie. Anche in questo caso, un dato in leggero aumento rispetto all’anno precedente (+0,6%). A livello regionale il 50,2% dei giovani lombardi ha scelto di proseguire gli studi in un liceo, il 36,2% in un istituto tecnico e il 13,5% in uno professionale. Si tratta di una distribuzione, quella lombarda, in linea con quella di altre regioni del Nord come Emilia-Romagna, Veneto e Friuli Venezia-Giulia, dove per motivi sociali ed economici la formazione tecnica e professionale ha un peso decisamente maggiore rispetto al Centro e al Sud. Tutto ciò in un panorama di lenta ma costante diminuzione complessiva degli studenti a causa della crisi demografica.

Uno strumento fondamentale

I dati relativi a istituti tecnici e professionali, i cui iscritti rimangono complessivamente inferiori a quelli dei licei fotografano una realtà complessa, che vede questo tipo di formazione faticare ancora oggi ad affermarsi, soprattutto nella percezione di famiglie e studenti, come un percorso in grado di garantire una buona carriera professionale e una formazione adeguata. L’Unione Europea, nel più ampio ambito delle azioni previste dal piano europeo Recovery and Resilience Facility, ha spinto molto perché questa situazione possa evolvere verso una distribuzione degli iscritti più equilibrata tra i diversi percorsi e capace di fornire risposte concrete alle necessità di una società e di un mercato del lavoro che hanno fortemente bisogno di tecnici e professionisti.

Anche il Pnrr italiano investe convintamente sulla promozione dell’istruzione tecnica e professionale. Le ragioni sono molteplici: un buon sistema di formazione tecnica e professionale potrebbe avere un forte impatto, ad esempio, sul tasso di disoccupazione giovanile e sul numero di Neet, potrebbe ridurre l’alto tasso di skill mismatch e aumentare la produttività delle imprese, così come ridurre il tasso di abbandono scolastico.

È stato recentemente pubblicato un documento del Cedefop, l’agenzia europea per lo sviluppo della formazione professionale, che sintetizza le principali riforme e misure introdotte in Italia per favorire lo sviluppo dell’istruzione tecnica e professionale, data la sua rilevanza sociale ed economica. Secondo questo rapporto però, nonostante siano stati fatti degli importanti passi in avanti (tra cui la legge 99/2022 che, sebbene sia rivolta al sistema degli Istituti Tecnologici Superiori vuole anche rendere più appetibili i percorsi secondari puntando a offrire una prospettiva formativa più competitiva grazie a una filiera strutturata, e la recente approvazione della c.d. sperimentazione Valditara) la formazione professionale in Italia presenta ancora diverse criticità. Innanzitutto, tra le azioni contenute nel piano di attuazione del 2022 della Raccomandazione del Consiglio del 24 novembre 2020 relativa all’istruzione e formazione professionale (Ifp) per la competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza, e riprese dal report, figurava già la necessità di intervenire aumentando la percentuale di studenti iscritti a percorsi duali. Iscritti che, allo stato attuale, secondo l’ultimo report Inapp, si concentrano quasi esclusivamente nei percorsi Iefp.

Una distribuzione sbilanciata, soprattutto dovuta al fatto che questi ultimi si sono dimostrati nel tempo più flessibili e capaci di un miglior dialogo con il sistema delle imprese, che risulta invece più complicato, salvo notevoli eccezioni, quando gli interlocutori sono proprio gli istituti tecnici o professionali. Il loro numero complessivo in questi ultimi anni è quindi sì cresciuto, ma non abbastanza e non in modo trasversale. Si tratta di una sfida complessa, che prevede, tra le altre cose, un cambio di approccio da parte di diversi attori ma che ancora fatica a far breccia nel sistema formativo. In secondo luogo, da punto di vista della qualità, permangono importanti criticità a livello nazionale ma soprattutto a livello regionale e territoriale mentre non sono stati fatti significativi passi in avanti riguardo la necessaria flessibilità e personalizzazione dei percorsi formativi, operando principalmente sull’accelerazione dell’implementazione di dispositivi già esistenti, quali ad esempio quelli relativi all’individuazione, validazione e certificazione delle competenze. Infine, a livello di attrattività, il lavoro svolto non sembra in grado di scalfire una percezione della formazione tecnica e professionale che ancora troppo spesso rappresenta, agli occhi di studenti e soprattutto, delle loro famiglie, un ripiego.

Un cambio di prospettiva

Quest’ultimo punto in particolare è un aspetto su cui il legislatore può intervenire solo in modo marginale, che può cambiare solo a fronte di una maggiore e diffusa consapevolezza delle opportunità che una formazione di questo tipo può aprire dal punto di vista professionale e personale. Non si tratta certamente di una sfida semplice, ma una buona parte del futuro della formazione tecnica e professionale passa anche e soprattutto da un cambiamento rispetto a una concezione che ha radici profonde nella cultura italiana. Infine, non è certo un caso che i percorsi di formazione tecnica e professionale raccolgano un maggior numero di studenti laddove le opportunità lavorative in questi ambiti rappresentano davvero una possibilità concreta.

I dati riportati in apertura evidenziano proprio questo aspetto, a conferma di come questo tipo di formazione sia strettamente connessa al tessuto economico e produttivo del territorio. Il report del Cedefop, proprio riguardo a questo aspetto, non manca di citare positivamente i numerosi memorandum che il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha siglato con una serie di importanti stakeholders, attivi soprattutto nel campo dell’hospitality e della ristorazione, con l’obiettivo di rafforzare i legami tra le parti in causa. Al di là della limitata importanza degli accordi citati, soprattutto dati i settori interessati, è proprio da un migliore dialogo tra imprese e sistema formativo, che in Italia non è ancora sviluppato, che passa l’affermazione e la crescita di una formazione, quella tecnica e professionale, performante e al servizio dei giovani, delle imprese e dei territori.

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