Economia / Valchiavenna
Giovedì 30 Marzo 2017
Tasse sui frontalieri, stop alle disparità
tra i valtellinesi
Chi lavora in Svizzera non pagherà le tasse senza distinzione fra Cantoni: il comune di residenza non deve però distare più di 20 chilometri dal confine.
Chi lavora in Svizzera non paga le tasse in Italia. Indipendentemente dal Cantone dov’è occupato. I sindacati non hanno dubbi: si tratta di un cambiamento a dir poco storico. Soprattutto per i frontalieri valtellinesi che lavorano in Ticino. La risoluzione 38/E pubblicata martedì dall’Agenzia delle entrate porta con sé́ un chiarimento normativo fondamentale, in quanto allarga la definizione di frontaliere “di fascia”. In base al nuovo testo, si tratta di colui che vive entro i venti chilometri dal confine con la Svizzera, indipendentemente dal Cantone nel quale lavora.
È necessario fare un passo indietro e spiegare meglio di cosa si tratta. Partiamo dalla definizione di “frontaliere fiscale”, detto anche “frontaliere di fascia”. Prendendo spunto dalle indicazioni del sindacato svizzero Ocst, ricordiamo che questi soggetti sono coloro che lavorano in Svizzera e che vivono in un Comune italiano posto entro venti chilometri dal confine. Tale definizione è dovuta all’Accordo bilaterale del 1974 tra Italia e Svizzera, nel quale si dice appunto che i frontalieri fiscali sono esenti dal dover pagare le imposte sul reddito in Italia, in quanto sono i Cantoni Grigioni, Ticino e Vallese a dover riversare all’Italia il 38% delle tasse pagate in Svizzera dal frontaliere.
Il problema fu però̀ che ciascuno di questi tre Cantoni procedette a individuare una propria fascia di frontiera considerando solo i Comuni posti entro i venti chilometri dal proprio confine cantonale e girando all’Italia il ristorno delle imposte solo per questi territori. Questo modo di procedere creò̀ una fascia d’ombra formata da tutti coloro che vivevano entro i venti chilometri dal confine di un Cantone lavorando però̀ in un altro. Nonostante i diversi solleciti ricevuti negli anni dal sindacato e dalla politica, l’Italia non aveva mai voluto chiarire questo equivoco. Per citare un caso emblematico, fino ad oggi i frontalieri residenti in provincia di Sondrio potevano essere considerati “di fascia” solo se lavoravano nel Canton Grigioni, ma risultavano fuori fascia se occupati in Canton Ticino. In mancanza di un chiarimento da parte italiana, questi frontalieri erano di fatto tenuti a dichiarare in Italia il reddito da lavoro.
Ora però̀ il parere dell’Agenzia delle Entrate è̀ arrivato e la storia cambia radicalmente. Servivano fatti concreti e anche stavolta sono arrivati. Lo hanno riconosciuto anche i sindacati e per Mauro Del Barba, senatore morbegnese del Pd, si tratta di una nuova dimostrazione dell’attenzione rivolta ai frontalieri. «Nel corso di questi mesi di studio avevo preso con le decine di frontalieri valtellinesi e valchiavennaschi personalmente incontrati l’impegno chiaro di mettere ordine all’assurda situazione in materia di definizione di frontalieri di fascia – sottolinea -. Finalmente è uscito il conseguente chiarimento».
Non è il primo successo sul fronte del frontalierato e anche in questo caso i vantaggi per i valtellinesi sono molto rilevanti. «Dopo l’emendamento a mia prima firma sulla voluntary al 5%, che ha permesso un risparmio di parecchi milioni di euro ai frontalieri di tutta la Lombardia, il Parlamento aveva approvato un mio ordine del giorno per impegnare il Governo a fornire una definizione chiara e più equa di lavoratore frontaliero svizzero. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito, attraverso un’apposita risoluzione, che la qualifica di frontaliere svizzero spetta esclusivamente ai lavoratori che risiedono in un comune il cui territorio sia compreso, in tutto o in parte, nella fascia di 20 chilometri dal confine con uno dei tre cantoni Ticino, Grigioni o Vallese indipendentemente da quale di questi cantoni sia quello destinatario del rapporto di lavoro». C’è spazio anche per un affondo. «La risoluzione è la migliore risposta a quelli che si dispongono costantemente verso l’amministrazione dello Stato con facili proclami di protesta».
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