Economia / Sondrio e cintura
Mercoledì 28 Aprile 2021
Spariti i posti di lavoro
«Ma bar e ristoranti
non trovano dipendenti»
«Molti possibili candidati non hanno voglia di lavorare nei festivi o nelle ore serali» dice Ghisla di Confcommercio. «Sicuramente influisce anche il reddito di cittadinanza»
La crisi negli ultimi 14 mesi si è fatta sentire anche in provincia e, come sottolineano alcune analisi dei sindacati basate sui dati dell’Anpal, in provincia di Sondrio sono spariti quasi quattromila posti di lavoro. Tra i settori più colpiti ci sono quelli di bar, alberghi e ristoranti e tra le zone segnate in modo più intenso dalle ricadute dell’emergenza Covid-19 ci sono quelle turistiche.
Ma nel momento della ripartenza – stavolta, nonostante il riavvio a metà, si spera davvero di non doversi più fermare – c’è un altro problema: i candidati per lavorare in cucina, al bancone del bar e tra i tavoli di pub e ristoranti scarseggiano.
Il grido d’allarme
Sulle pagine dei social network delle aziende e sui siti dedicati agli annunci non mancano le offerte, ma in vari casi non portano al risultato sperato. «In primo luogo emerge che molti possibili candidati non hanno più voglia di fare sacrifici, indispensabili nel nostro settore, soprattutto nei posti turistici, dov’è necessario lavorare di sera e nei fine settimana», osserva Piero Ghisla, presidente della Fipe l’associazione leader nel settore delle imprese che svolgono attività di ristorazione e di intrattenimento. «A volte capita che, nei colloqui, ci chiedano subito se saranno liberi nei giorni di festa e nelle ore serali: da noi bisogna lavorare quando gli altri vanno a spasso, è così da sempre», rileva Ghisla.
Poi c’è la questione del reddito di cittadinanza. «In passato abbiamo potuto contare su personale provenienti da altri territori, recentemente questo provvedimento ha fatto sì che molti preferiscano restare a casa», sottolinea con amarezza Ghisla.
E mentre per i lavoratori stranieri arrivare in Italia è molto complicato, si fa sentire sempre di più anche la concorrenza delle aziende svizzere, dove si prospetta un’altra estate dai grandi numeri grazie ai turisti provenienti dalla Confederazione. «Alcune persone che in passato hanno lavorato in Italia hanno scelto questa strada e non bisogna dimenticare che molti, di fronte alle incertezze di questi tempi, hanno puntato su altri settori lavorativi».
«Le distinzioni da fare»
Giorgio Spinetti, segretario provinciale della Uiltucs, rileva che di questa tematica, ritenuta allarmante dai sindacati, si era parlato già lo scorso autunno con le istituzioni e le associazioni di categoria in un incontro in Prefettura. «Serve una distinzione tra le attività annuali, di ristorazione e ricettiva, nel fondovalle, dove prevalgono le gestioni familiari e il personale torna a casa dopo il lavoro, e le altre - sottolinea il sindacalista -. Per la stagione estiva e il settore prettamente turistico nelle località di villeggiatura la situazione è differente il problema è rilevante. Nelle stazioni turistiche se non è garantito l’alloggio i posti di lavoro diventano meno appetibili, con le stagioni che si accorciano e a volte non ci sono certezze sulla durata dell’impiego. Inoltre per la manodopera proveniente dall’estero c’è la necessità della quarantena e questo complica tutto».
© RIPRODUZIONE RISERVATA