Economia / Sondrio e cintura
Venerdì 20 Aprile 2018
Snella ed efficiente. Rigamonti è pronta
per nuovi mercati
L’ad, Claudio Palladi, spiega obiettivi e nuove strategie per continuare il trend di crescita. «Puntiamo a innovare inserendo giovani laureati».
«Rigamonti è cresciuta del 20% in due anni e in cantiere ci sono vari progetti interessanti». Claudio Palladi, amministratore delegato del Salumificio Rigamonti, è stato il protagonista della cena dell’Accademia del pizzocchero di martedì. Ai 130 ospiti del Combolo di Teglio ha raccontato la propria esperienza nella società valtellinese e ha illustrato le possibili sinergie con gli altri prodotti dell’agroalimentare locale.
Dopo un passato complesso, fatto di debiti e riduzione dei posti di lavoro, l’azienda del gruppo Jbs - realtà che nel mondo fa ben 50 miliardi di dollari di fatturato ed è presente in tutti i Paesi - ha ricominciato a fare segnare performance positive. «Abbiamo chiuso per il secondo anno consecutivo con un buon utile - ha spiegato il manager emiliano, alla guida di Rigamonti dall’autunno del 2015 -. L’azienda è cresciuta in termini di ricavi di 12 milioni di euro, arrivando a oltre 110 di fatturato netto, come da previsioni. In termini percentuali l’aumento annuo è stato del 13, sia grazie alla bresaola Igp, sia attraverso altri prodotti come il Fiocco della Valtellina e le tipologie di bresaola un po’ diverse da quella Igp. Basti pensare al black angus, che sta riservando risultati positivi. Sono stati investiti oltre 450mila euro per il progetto di carne italiana».
Un milione di euro di utile netto ha garantito alla società un’importante solidità finanziaria. «È interessante osservare anche il fatto che Rigamonti ha diminuito in modo netto il proprio debito. È attualmente meno della metà del magazzino e quindi la situazione patrimoniale è equilibrata».
Il 2018 sarà un anno di assestamento, quindi non sono previsti ulteriori aumenti rilevanti. «Abbiamo superato le 7.000 tonnellate di produzione: più del massimo storico precedente del 2009». Questo risultato è stato raggiunto con una forza lavoro ben minore. Sono purtroppo noti, infatti, i licenziamenti che hanno seguito il periodo di crisi con l’accordo che prevedeva ben 108 esuberi. «Abbiamo costruito dei meccanismi di efficientamento della produzione molto interessanti. Oggi lavoriamo con 153 dipendenti fissi, che vengono affiancati da circa 25 stagionali nei periodi di maggiore intensità, soprattutto nel reparto affettamento».
«Il costo del lavoro, determinato dalla presenza di una manodopera d’esperienza, con categorie contrattuali alte e da una contrattazione di secondo livello importante, è superiore rispetto ad altre realtà. Credo di poter dire che da noi si lavora con soddisfazione». Attualmente il valore dell’export è di poco superiore all’11%: Palladi è convinto dell’esistenza di ampi margini di miglioramento.
«In assoluto è molto superiore al passato, ma stiamo parlando ancora di quote basse. Stiamo lavorando con i colleghi di Jbs di altri Paesi per accelerare il processo d’espansione all’estero. Ad esempio, con la consociata Jbs australiana possiamo puntare sul Giappone. Negli Stati Uniti non si può andare con la bresaola, ma abbiamo molti altri prodotti interessanti». In passato, in varie occasioni, si è temuto di dover assistere a una riduzione del sostegno da parte di Jbs. «Oggi stiamo portando avanti un piano di cinque anni, condiviso insieme alla capogruppo, per mettere in campo gli investimenti necessari a rafforzare sempre di più l’azienda. Uno è legato al sistema informativo che traccia tutti i processi di fabbrica». Nell’epoca dell’I4.0 l’innovazione passa anche dal capitale umano. «Stiamo provando a inserire giovani, per affiancare le persone più esperte, figure come laureati in tecnologia alimentare».
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