Economia / Valchiavenna
Sabato 03 Settembre 2016
Serrande abbassate pure a Sankt Moritz
Frontalieri in ansia
Venticinque i locali commerciali vuoti. Colpa dei contratti d’affitto legati al turismo di lusso. In pochi anni è stato perso un terzo dei soggiorni a notte.
Finora le preoccupazioni erano arrivate dall’edilizia in ginocchio dopo il referendum sulle seconde case e dal turismo in crisi nell’epoca del franco fortissimo. Ora anche il commercio fa tremare il comparto dei frontalieri. A Sankt Moritz aumentano i negozi che abbassano le serrande e diminuiscono gli imprenditori interessati a prendere in affitto i locali vuoti.
Intanto i prezzi esorbitanti e la diminuzione dei turisti causano nervosismo nella politica e preoccupazione nei lavoratori, a cominciare dai frontalieri che nel commercio trovano un’importante opportunità di occupazione anche in tempi di crisi. In tutto, secondo un’inchiesta realizzata dal sito Rsi.ch, sono venticinque i locali commerciali vuoti nella località dei Grigioni.
Senza dubbio si tratta di un numero mediamente alto e preoccupante. La motivazione, secondo gli addetti ai lavori, è chiara: i contratti risalgono ai tempi in cui nella rinomata località engadinese c’era il turismo di lusso. Ma quegli anni, come ben sanno gli operatori locali e i lavoratori, sono passati.
A supportare queste preoccupazioni ci sono anche i dati relativi alle presenze turistiche. Negli scorsi anni Sankt Moritz ha perso quasi un terzo dei soggiorni a notte e il rispettivo volume d’affari. Nella Regione, come rilevato in più occasioni dai sindacati Unia e Syna che si occupano dell’assistenza sindacale e delle pratiche per la disoccupazione al termine delle stagioni turistiche, sono spariti mille posti letto a causa della chiusura di interi alberghi o di piani.
Ma quanto costa affittare un negozio nella località engadinese “top of the world” che dà lavoro complessivamente (il dato risale alla fine dello scorso anno), a oltre 1.100 frontalieri?
«Possiamo citare alcuni esempi – rileva Arno Russi, presidente del Consiglio sindacale interregionale Lombardia Sondrio Grigioni, attivo proprio a Sankt Moritz nella sede di Unia -. Per 100 metri quadrati più magazzino si pagano 12mila franchi al mese, pari a circa 11mila euro. In un altro caso per 49 metri quadrati i franchi sono 8.000, pari a oltre 7mila euro. Ma ci sono anche situazioni molto meno onerose: 3mila franchi per 70 metri quadrati».
Spesso, secondo le osservazioni dei sindacati, i lavoratori sono stranieri, compresi numerosi italiani che alla disoccupazione nel proprio Paese preferiscono paghe da fame – se parametrate al costo della vita in Svizzera – in Engadina. Non solo nei chioschi, ma anche nelle boutique di lusso.
Quali sono le conseguenze? «La Sankt Moritz che abbiamo conosciuto fino al recente passato era basata sulla qualità dei prodotti e dei servizi in tutte le componenti della filiera. Dal tessuto utilizzato per il singolo capo alla professionalità del singolo commesso. Oggi invece si assiste a una dinamica molto preoccupante. Prezzi alti negli affitti determinano la necessità di tagliare i costi del personale, con tanto di riduzione dei diritti. La qualità si abbassa e la clientela viene a mancare». La risposta è legata a variabili sindacali.
«Ci vogliono i contratti collettivi – afferma Russi -. Altrimenti ci sarà una continua corsa al ribasso, basata soltanto su un fattore: la diminuzione dei salari alla quale segue una minore professionalità. Negli ultimi tempi abbiamo raccolto indicazioni relative a situazioni preoccupanti, con stipendi scesi ben al di sotto dei 2.500 franchi». «Con questi soldi, pagando l’affitto dell’alloggio, non si arriva alla fine del mese. Portando i salari a un livello minimo simile a quello del comparto alberghiero, nel quale vige un contratto nazionale mantelli, si partirebbe da 3.400 in su».
Qualche spiraglio positivo si intravede. «Dal primo gennaio gli shop delle stazioni di servizio avranno un contratto collettivo. È il primo per il settore della vendita in Svizzera - la sua conclusione -. Ora puntiamo sull’estensione al resto del commercio. Questa prima firma riguarda una cinquantina di lavoratori nelle zone grigionesi di confine con la provincia di Sondrio, in buona parte italiani. Non ci fermiamo qui».
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