
Economia / Lecco città
Lunedì 28 Aprile 2025
«Se formi i giovani, poi se ne vanno». Il falso mito che blocca le imprese
Report Delta Index. L’analisi dell’Osservatorio sul tema «Formare» la Gen Z indica un cambio di consapevolezza dopo il nostro assessment: la priorità delle aziende sale dal 17% al 28%. Con percorsi di onboarding i ragazzi restano
Nel contesto attuale, caratterizzato da una rapida trasformazione tecnologica e da cambiamenti strutturali nel mercato del lavoro connessi alla twin transition (verde e digitale) e all’inverno demografico che stiamo attraversando, la formazione e le competenze assumono un ruolo cruciale per garantire competitività e crescita, a beneficio sia delle imprese che dei lavoratori. Si tratta di un tema che può essere affrontato da due prospettive: la prima legata al percorso «scolastico» e riguarda la formazione intesa come il bagaglio di competenze apprese e sviluppate sui banchi o durante periodi on the job come percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento, tirocini, apprendistati, mentre la seconda fa riferimento alla crescita professionale e al trasferimento di know how garantiti dall’erogazione di percorsi di formazione da parte delle imprese, a favore di propri lavoratori.contesto attuale, caratterizzato da una rapida trasformazione tecnologica e da cambiamenti strutturali nel mercato del lavoro connessi alla twin transition (verde e digitale) e all’inverno demografico che stiamo attraversando, la formazione e le competenze assumono un ruolo cruciale per garantire competitività e crescita, a beneficio sia delle imprese che dei lavoratori.
Si tratta di due prospettive diverse, ma a differenza della prima, sulla seconda le imprese hanno ampissimi margini di manovra nel decidere che tipo di policy adottare. Proprio per questo, l’Osservatorio Delta Index ha provato a indagare in primo luogo come le imprese si dedicano alla trasmissione di procedure, specificità, modalità e metodi di lavoro ai giovani e, in secondo luogo, come avviene e come viene gestito il periodo di onboarding aziendale. Rendere l’esperienza lavorativa un’esperienza di crescita professionale è infatti un’importante leva utile da un lato a colmare il persistente problema dello skill mismatch, quanto per attrarre nuovi collaboratori in un periodo in cui è spesso difficile per le imprese trovare giovani lavoratori. Il report prodotto dall’Osservatorio Delta Index sottolinea che, sebbene vi sia una crescente consapevolezza dell’importanza della formazione, permangono criticità significative. In primo luogo, nonostante il fatto che le stime elaborate da Unioncamere abbiano quantificato come nel solo 2023 il costo del mismatch tra domanda e offerta di lavoro sia stato pari a 38 miliardi e, sempre secondo l’ultimo bollettino la difficoltà di reperimento per le imprese in cerca di personale sia stata pari al 48,2% (quasi un lavoratore su due), la formazione interna non sembra ancora essere tra le priorità delle imprese. Viene riconosciuta come il processo più urgente per migliorare la propria attrattività solo dal 17% delle aziende, soprattutto di piccole dimensioni e attive nel terziario.
Una percentuale bassa, molto inferiore rispetto all’urgenza percepita di «attrarre» nuovo personale attraverso migliori contatti con il mondo della formazione o una più radicata presenza sui social (il 48% delle imprese che hanno preso parte a Delta Index) e a quelle che invece hanno indicato «trattenere» come la criticità più sentita (il 26%). Però un aspetto positivo dall’Osservatorio Delta Index emerge dal fatto che il 17% di aziende che ha individuato la formazione come prioritaria prima della compilazione del questionario, sale al 28% al termine del percorso di assessment. Segno che le aziende all’inizio non hanno consapevolezza dell’importanza della formazione nei confronti della Gen Z. Si tratta senza dubbio di un tema delicato. La formazione in azienda è una delle azioni con il potenziale trasformativo più alto in termini di benefici nel medio e lungo periodo, ma richiede investimenti importanti ed è complessa da gestire. Su tutto, le imprese temono che una volta il lavoratore, una volta apprese soft e hard skills che gli permettono di guadagnare competitività sul mercato, possa rivolgersi altrove e lasciare l’azienda che ha investito su di lui, cambiando lavoro. Si tratta di un rischio ma non di una certezza, spesso è un mito. Diverso è il «poaching»: l’atteggiamento aggressivo, quasi predatorio nella traduzione letterale, proprio delle imprese che offrono ai lavoratori formatisi a spese di concorrenti posizioni ben remunerate, potendo così beneficiare di lavoratori già dotati delle competenze richieste ma senza doversi impegnare in tali attività di prima formazione. Altri fattori che limitano gli investimenti in formazione sono la scarsa dimensione media delle imprese, la forte burocratizzazione e la scarsa flessibilità dei programmi, che spesso puntano più all’assolvimento degli obblighi in termini di salute e sicurezza (per quanto importanti) e poco sulle competenze e sulla competitività. Infine, si segnala una scarsa attitudine culturale verso programmi di formazione aziendale strutturati, che vadano oltre, o in qualche modo integrino il semplice concetto di formazione on the job. Scarsa attitudine rintracciabile anche nella fatica con cui l’apprendistato duale, che in quanto tale integra un vero programma di formazione strutturato (in azienda, ma anche sui banchi e sotto la supervisione di tutor dedicati), stenta ad affermarsi nel contesto italiano.
Tonando ai risultati emersi, dal report emerge che le maggiori criticità si riscontrano nel settore terziario, ma con alcune differenze: ad esempio, il settore dei servizi sembra sfruttare processi strutturati nella codificazione delle competenze e nei processi formativi, mentre il commercio e le imprese attive nel sociale mostrano maggiori difficoltà. Sul piano dimensionale, le imprese più piccole faticano nella gestione e valutazione dei percorsi formativi e del fabbisogno interno, ma emergono alcune eccezioni: su tutte, alcune microimprese sembrano ovviare alla ridotta capacità di investimento attraverso pratiche ben codificate e mirate. Per quanto riguarda l’onboarding, le maggiori difficoltà si registrano nelle imprese e cooperative sociali, mentre l’industria e la manifattura, pur implementando percorsi formativi in ingresso, non li strutturano in modo da garantire un accompagnamento costante dei nuovi lavoratori. I migliori risultati si riscontrano nel commercio e nei servizi.
Per rispondere a queste sfide, il report propone una serie di strategie che possono migliorare l’efficacia della formazione. La prima è rappresentata dalla necessità di una maggiore collaborazione tra settore pubblico e privato, affinché le aziende partecipino alla definizione dei programmi formativi per garantire che le competenze acquisite siano effettivamente richieste dal mercato. Un altro elemento chiave riguarda lo sviluppo di percorsi formativi modulari e personalizzati, che consentano ai lavoratori di adattare il proprio percorso di apprendimento alle esigenze individuali. Il capitolo «Formare» del report mette in evidenza come l’investimento nelle competenze sia cruciale non solo per la crescita economica, ma anche per la coesione sociale a livello territoriale. L’adozione di strategie efficaci e innovative nel campo della formazione può garantire una forza lavoro più preparata, resiliente e inclusiva, in grado di affrontare le sfide del presente, e quelle del futuro, con successo.
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