Economia / Sondrio e cintura
Sabato 17 Giugno 2017
«Per la bresaola serve un contratto a livello provinciale»
La richiesta della Camera del lavoro: «Un accordo integrativo sarebbe uno strumento utile. Garantirebbe uniformità di trattamento dei dipendenti»
Si contratta poco nelle aziende dell’artigianato, dove sul fronte degli accordi regionali si può fare decisamente meglio e nelle singole imprese si firmano pochissime intese. I sindacati lo hanno ribadito nella due giorni dedicata agli integrativi nell’epoca dell’Industria 4.0.
Ma anche negli stabilimenti più grandi la situazione è poco confortante, visto che ci sono settori dove i lavoratori che si occupano delle stesse mansioni, in società differenti, possono contare su salari e diritti ben differenti. Dalla Camera del lavoro arriva una chiara richiesta per uno dei settori più importanti dell’industria locale: «Ci vuole un contratto provinciale per il settore della bresaola». Vittorio Boscacci, segretario provinciale della Flai-Cgil, parte da una considerazione precisa: il comparto è in crescita. Il Consorzio di tutela bresaola della Valtellina ha chiuso il 2016 con un trend positivo, che dimostra il crescente apprezzamento per il prodotto. I numeri parlano chiaro. La produzione Igp registrata nel 2016 dalle quattordici aziende associate ammonta a circa 12.700 tonnellate di prodotto certificato, con una crescita di consumo del +3,2% rispetto all’ anno scorso. Per esprimere il trend degli ultimi 17 anni, si può citare l’aumento - addirittura del 43% - rispetto al 2000. Il consumo in vaschetta ha superato il 42% del mercato. Un dato rilevante anche per i margini che questo tipo di formato consente di ottenere.
«I dati sono positivi e di questo trend siamo contenti – premette Boscacci -. Ma ci sono alcune chiare criticità. La prima è l’assenza di un contratto provinciale di riferimento. Un accordo integrativo rappresenterebbe uno strumento utile a garantire una certa uniformità ai dipendenti di tutti gli stabilimenti e un chiaro vantaggio organizzativo». C’è un’altra problematica rilevante secondo Boscacci per un settore che dà lavoro a oltre mille persone. Si tratta dell’utilizzo di una percentuale rilevante di lavoratori assunti non dalle aziende, ma con contratti di somministrazione. Al congresso dei lavoratori interinali della Cisl, ad esempio, era emersa la vicenda di una dipendente impiegata da una decina d’anni con un’assunzione di questo tipo in un bresaolificio.
«In questi stabilimenti ha una notevole incidenza. Non sappiamo definire una percentuale sul numero complessivo, ma ci sono fabbriche con 30-40 somministrati. Siamo chiamati a impegnarci per trasformare questi rapporti in buona occupazione. Ci sono assunzioni di pochi giorni o poche settimane. La flessibilità è garantita dal ccnl, ma le aziende preferiscono i somministrati, anche per evitare di pagare gli straordinari». Se in varie aziende, a cominciare da quelle presenti storicamente in Valtellina, la contrattazione è una tradizione e le relazioni sindacali sono positive, in altre fabbriche le relazioni sindacali sono ben peggiori. «Non possiamo dimenticare che, nel 2017, in provincia di Sondrio, il sindacato non può ancora entrare in tutte le aziende. È una situazione inaccettabile».
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