Nuove pensioni assegni più bassi: meno 300 euro l’anno
Contributi Per il 2025 cambiano i coefficienti per chi smetterà di lavorare a qualsiasi età. Cogliardi: «Siamo preoccupati per i nuovi lavoratori»
Un lavoratore che andrà in pensione di vecchiaia nel 2025 a 67 anni, guadagnando 30mila euro, dovrà fare i conti con i nuovi coefficienti di trasformazione, incassando un assegno ridotto del 2% rispetto a chi è già andato in pensione lo scorso anno.
«In Italia il peso fiscale non si alleggerisce invecchiando come in altri paesi»
Lo calcola la Cgil che ricorda che nel 2025 i coefficienti si ridurranno per tutte le età passando ad esempio per chi esce a 67 anni dal 5,723 al 5,608 dal 2025. Secondo le simulazioni del sindacato, questo significa una perdita lorda su una pensione di 1.250 euro di 25 per un totale di oltre 326 euro l’anno. Nell’intero periodo della pensione attesa di perderanno oltre 5mila euro.
«Eravamo partiti con un governo che diceva che avrebbe abolito la Fornero. In realtà, allunga sempre di più i tempi per chi si ritrova ad andare in pensione e, come se non bastasse, non tiene conto che, essendo sempre di più le persone che vanno in pensione con un metodo misto, un metodo contributivo, oltre ad andare sempre più tardi, vanno con un assegno sempre più ristretto». Lo osserva Pinuccia Cogliardi, segretaria dello Spi Cgil Lecco.
«La nostra preoccupazione è relativa ai giovani che entrano nel mondo del lavoro. Ci domandiamo, quando sarà il momento per loro di andare in pensione, come si ritroveranno a gestire la loro vecchiaia, sempre più legata a un assegno pensionistico ridotto? - si domanda Cogliardi - Il coefficiente che viene richiamato è un calcolo legato al fatto che la durata media della vita si allunga e, di conseguenza, si allungano anche gli anni in cui si prende la pensione. Se vogliamo dirla tutta, da una parte si abbassa il coefficiente, ma dall’altra mancano delle politiche di accompagnamento alla vecchiaia. È dura invecchiare senza una serie di accompagnamenti, perché chi è ammalato, chi è disabile, chi non è autosufficiente non è certo nelle condizioni di poter sentirsi garantito da quello che è il sistema pubblico - prosegue - Inoltre, i pensionati pagano integralmente le tasse, in Italia, a differenza che in altri paesi europei, dove il peso fiscale si alleggerisce con l’aumento dell’età. La pensione è il risultato del lavoro di una vita e del pagamento di contributi. Non è nulla di regalato: si paga mentre si lavora per andare in pensione. Poi, quando si è in pensione, quasi pare che l’assegno sia una regalia. In realtà è un diritto acquisito».
Calcoli
La Cgil nazionale considera il caso di un lavoratore di 67 anni, con una retribuzione alla cessazione di 30.000 euro e un montante contributivo accumulato di 283.971,65 euro. Con il coefficiente precedente del 5,723% (a 67 anni), questo lavoratore avrebbe ricevuto una pensione annua per la quota contributiva di 16.251,70 euro, pari a circa 1.250 euro al mese. Nel biennio 2025-2026, con il nuovo coefficiente del 5,608%, l’assegno pensionistico annuo scenderà a 15.925,13 euro, ovvero circa 1.225 euro al mese. L’impatto è ancora più significativo per chi esce dopo i 67 anni (perché magari non ha raggiunto i 20 anni di contributi necessari).
Uscendo a 70 anni con lo stesso montante contributivo chi va in pensione nel 2024 matura una pensione di quasi 1.397 euro al mese mentre chi va nel 2025 prende 1.367 euro al mese, 30 in meno per una perdita annua, su 13 mensilità, di 389 euro.
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