Economia
Venerdì 23 Gennaio 2015
Lecco. «Banche popolari, non spa
Difenderemo la specialità»
È un documento dai toni duri quello di Assopopolari, l’associazione che riunisce le banche popolari e che si schiera contro il decreto di riforma varato dal Governo che apre la strada alla trasformazione dei primi dieci istituti nazionali
Fronte comune, opposizione totale, poche o nulle possibilità di mediazione.
È un documento dai toni duri quello di Assopopolari, l’associazione che riunisce le banche popolari e che si schiera contro il decreto di riforma varato dal Governo che apre la strada alla trasformazione dei primi dieci istituti nazionali, quelli con almeno 8 miliardi di euro di attivi, in società per azioni. Avranno un anno e mezzo di tempo per cambiare pelle ed eliminare il voto capitario (una testa un voto). Nell’elenco ci sono anche i due istituti valtellinesi (che hanno un forte radicamento nel Lecchese), la Banca Popolare di Sondrio e il Credito Valtellinese.
«Non lasceremo nulla di intentato, perché il decreto venga meno e l’ordinamento giuridico continui a consentire a tutte le banche popolari di mantenere la propria identità», si legge al termine della riunione tenuta a Milano nella sede della Bper.
Il decreto legge è «ingiustificato e ingiustificabile», tuona l’associazione degli istituti che il Governo vuole trasformare da cooperative in spa scalabili e contendibili, parlando di «una politica economica finalizzata esclusivamente a trasferire la proprietà di una parte rilevante del sistema bancario italiano alle grandi banche internazionali».
Si vedrà se la battaglia sarà solo in Parlamento in sede di conversione del decreto, dove il settore conta su appoggi trasversali in tutte le forze politiche, oppure ci sarà spazio per un ricorso legale. Se le iniziative per evitare che il decreto diventi legge andranno a buon fine non mancherà comunque una nuova tornata di aggregazioni e di revisione della governance, non più differibile.
«Le banche popolari continueranno con maggiore urgenza e determinazione a perseguire una ulteriore evoluzione del proprio ordinamento cooperativo (che è già per altro il più ricettivo delle istanze di mercato, anche a livello europeo) e a proseguire un processo di concentrazione, che hanno dimostrato di saper praticare in passato in misura, più elevata rispetto al resto del sistema. Un processo che - aggiunge l’associazione - oggi segna il passo, non perché ostacolato dalla forma giuridica delle banche popolari, ma per l’avvento di regole e prassi di sorveglianza europee avverse alle attività di finanziamento di famiglie ed imprese, e particolarmente severe verso intermediari che operano in paesi da lungo tempo in recessione e con elevato debito pubblico come l’Italia. Diversamente, ove i nostri sforzi non andassero a buon fine, nulla sarà lasciato di intentato per proseguire comunque la propria missione di banca territoriale».
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