Le materie prime. Più stabili i listini e minore incertezza
Previsioni . Prezzi verso livelli vicini alle medie storiche, secondo gli esperti ci sarà un calo del minerale ferroso come pure delle quotazioni del carbone e dell’alluminio
Il 2022 è andato in archivio, con tutte le difficoltà causate dai rincari su beni energetici e carburanti, che hanno prodotto incrementi su tutte le voci di spesa di imprese e famiglie.
La tendenza avviata nella seconda parte del mese di dicembre lascia però sperare che il nuovo anno possa portare a una stabilizzazione della situazione, che farebbe venir meno – almeno in parte – la forte incertezza che ha ostacolato gli imprenditori. Con effetti, naturalmente, anche sui materiali.
«Il 2022 è stato un anno particolare, dominato dalle anomalie scatenate dalla guerra mossa dalla Russia all’Ucraina – ha commentato Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi Siderweb -. Dopo la forte volatilità dell’anno scorso, il 2023 invece sarà contraddistinto da un generale sgonfiamento delle quotazioni delle materie prime siderurgiche, che dovrebbero tornare su livelli più vicini alla media storica».
La sua analisi ha quindi toccato i materiali più importanti per la siderurgia, a partire dal minerale ferroso. «Nel 2023, secondo la pubblicazione “Resource and energy quarterly” diffusa dal governo australiano, le quotazioni della materia prima subiranno le pressioni ribassiste legate alla transizione verso una siderurgia sempre più verde, che porterà nel breve-medio periodo ad una riduzione della capacità produttiva che impiega la tecnologia dell’altoforno a favore di quella tramite forno elettrico. Ciò, quindi, condurrà ad un decremento delle quotazioni nel lungo periodo, a partire da un 2023 nel quale il prezzo medio del minerale sarà di 105 dollari la tonnellata per Azn research, di 94 dollari per Jp Morgan, di 91 per il Department of Industry, innovation and science del governo australiano, di 90 per Ing e di 85 per Fitch ratings. Nel 2024 le prospettive sono per ulteriori cali».
Per quanto riguarda invece il carbon coke, nel 2022 «si è registrato a livello mondiale un incremento della domanda di carbone, con l’impiego in Europa, in alcuni casi, di carbone metallurgico per la produzione di energia elettrica.
Ciò ha fatto salire i prezzi in maniera molto decisa, soprattutto nel primo semestre, prima di fronteggiare un deciso calo in seguito ad una normalizzazione dei mercati energetici e ad una riduzione della produzione di acciaio. Queste due tendenze sono destinate a proseguire anche nel 2023, con un ulteriore discesa delle quotazioni del carbon coke: da un livello medio annuo di circa 370 dollari la tonnellata nel 2022, infatti, si passerà a 263 per il Department of industry, innovation and science del governo australiano e addirittura a 200 per Fitch ratings. Anche il 2024 sarà contraddistinto da un forte calo: per il governo australiano il calo sarà di circa 43 dollari la tonnellata e per Fitch ratings di 60».
In relazione al nichel, «nel medio periodo la domanda mondiale dovrebbe subire un incremento a causa del contributo dell’industria dell’automotive. In particolare, nel 2023 la richiesta di nichel dovrebbe crescere del 5,3% rispetto al 2022 e nel 2024 del 4,2% rispetto all’anno precedente.
Ciononostante, dal punto di vista dei prezzi le attese non sono positive». Da un prezzo medio di 25mila dollari la tonnellata nel 2022, si dovrebbe scendere attorno ai 21mila.
Infine, focus sull’alluminio. Dopo la contrazione dei consumi lo scorso anno (2.700 dollari per tonnellata il prezzo) si scenderà attorno ai 2.500 dollari (se non sotto questa soglia).
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