Lavoro, provincia e migliore stile di vita:
Il fascino nascosto delle Pmi per la Gen Z

Se dovessimo dare una lettura politica alle scelte di lavoro dei giovani d’oggi, potremmo dire senza ombra di dubbio che nella Generazione Z si è imposto un forte bipolarismo: da una parte il partito di chi punta all’azienda big, multinazionale, possibilmente con sede all’estero, e dall’altra la lista civica locale dei fautori delle Pmi sul proprio territorio.

A o B, una Gen Z da 50 e 50, senza vie di mezzo. Una netta spaccatura che non va interpretata per forza in maniera negativa. È semplicemente il frutto di un diverso orientamento tra chi ha ancora il mito dell’estero e chi ha capito i vantaggi della qualità della vita di provincia. Visto da loro, l’importante è discernere il prima possibile il progetto di vita. Ma visto lato aziende, soprattutto Pmi, il tema è più complesso.

Secondo una recente indagine di Adecco, il 32,4% delle Pmi ha difficoltà ad attrarre talenti della Gen Z (il 50% delle Pmi è alla ricerca di operai specializzati) e gli ostacoli principali riguardano percorsi di crescita meno accattivanti rispetto a quelli offerti dalle grandi imprese, una minore riconoscibilità del brand e piani di welfare spesso limitati. Per rispondere a queste sfide, alcune Pmi stanno puntando sulla formazione e su iniziative di welfare, seppure il 15% di esse dichiari di non avere ancora implementato alcuna misura di fidelizzazione per i propri dipendenti. È in questo contesto che Marina Puricelli, docente di Organizzazione aziendale all’Università Bocconi e alla «Sda Bocconi School of Management» offre all’Osservatorio Delta Index una prospettiva innovativa raccolta tra Pmi di eccellenza distribuite su tutto il territorio italiano.

Professoressa Puricelli, quali sono le azioni più urgenti che una Pmi dovrebbe intraprendere per attrarre i giovani talenti?

«Dovendo trattare con la Generazione Z, innanzitutto l’azienda deve porre grande attenzione a tutte le fasi di gestione delle risorse umane. Parlo del reclutamento, ma anche della fase cruciale dell’onboarding, a cui oggi sempre più aziende dedicano tempo e risorse. Non si tratta solo di fornire un’introduzione formale: le Pmi più attente progettano un percorso di accoglienza personalizzato, con presentazioni, video e incontri per inserire il nuovo arrivato. È un modo per far sentire il giovane accolto, attivo e importante fin dal primo giorno».

La prossimità alla comunità può essere un valore aggiunto?

«Sì, assolutamente. Le Pmi si trovano spesso radicate nei piccoli comuni italiani, e questo per molti giovani rappresenta un vantaggio concreto. La qualità della vita, la sicurezza e la vicinanza alle persone care sono tutti fattori che possono attrarre chi desidera vivere lontano dalle grandi città. La Pmi può valorizzare questo aspetto mostrandosi come un luogo di lavoro che permette di conciliare la carriera con uno stile di vita sereno e ben bilanciato, dove il tempo libero è una realtà quotidiana e non una conquista rara».

E come si può rispondere alle aspettative di inclusività e sostenibilità tanto sentite dalla Generazione Z?

«È interessante notare come le Pmi siano spesso luoghi dove l’inclusività e la sostenibilità sono già in atto, anche se non vengono pubblicizzate. Conosco piccole imprese che si sono impegnate per dare opportunità di integrazione sociale e lavorativa a persone in difficoltà, senza clamore né etichette. In termini di sostenibilità, la realtà di vivere e lavorare nello stesso territorio fa sì che i piccoli imprenditori abbiano a cuore l’ambiente: chi vive in prima persona le conseguenze del proprio operato è solitamente più attento e responsabile. In questo senso, le Pmi incarnano una sostenibilità autentica, non slogan vuoti».

Secondo la ricerca Adecco, molti giovani sono alla ricerca di percorsi di formazione continua. È realistico pensare che una Pmi possa offrire tali percorsi?

«Sì, e in realtà molte Pmi hanno già trovato modi creativi per soddisfare questa esigenza. Alcune hanno fondato piccole accademie interne, offrendo non solo formazione tecnica, ma anche incontri con figure ispiratrici o attività che favoriscano la crescita personale. Queste iniziative creano un valore tangibile per i giovani e rispondono alla necessità di apprendimento continuo, pur senza grandi investimenti. Anche con pochi numeri, si possono ottenere risultati significativi e coinvolgere i giovani, dimostrando che la Pmi non è solo un luogo di lavoro, ma anche di crescita».

In che modo una Pmi può valorizzare l’esperienza multidisciplinare che un giovane potrebbe vivere in azienda?

«La Pmi offre un’opportunità unica: quella di avere una visione completa dei processi aziendali e di spaziare in ruoli diversi, cosa impossibile nelle grandi imprese, dove tutto è strutturato e segmentato. Questa esperienza diretta è un valore aggiunto per chi cerca un coinvolgimento più ampio e una conoscenza trasversale. Va chiarito fin dal colloquio che, in una piccola azienda, il giovane potrà davvero fare la differenza, contribuendo in modo attivo e visibile ai risultati».

Le statistiche rilevano come il welfare sia un elemento su cui le Pmi hanno ancora margini di miglioramento. Quali benefit potrebbero risultare più attrattivi?

«Sono molti i giovani che apprezzano benefit legati all’equilibrio tra vita professionale e personale. Pur con budget limitati, le Pmi possono puntare su flessibilità e rispetto dei tempi di vita, creando un ambiente dove le esigenze personali siano valorizzate. Molte Pmi hanno adottato soluzioni come orari flessibili, bonus legati alle performance o tessere per l’accesso a servizi di wellness. È un approccio che mette la persona al centro, con una particolare attenzione al benessere psicofisico, e che può fare la differenza».

Alla luce di queste esigenze, cosa direbbe alle Pmi per aiutarle a competere con i giganti aziendali?

«Direi loro di non temere la concorrenza delle grandi imprese, ma di puntare sulla loro unicità. Le Pmi italiane offrono esperienze spesso ineguagliabili per chi ama mettersi in gioco e vivere un ambiente professionale familiare e dinamico. Fare leva sui punti di forza della dimensione ridotta e sulla vicinanza alla comunità è la carta vincente per attrarre i giovani, specie quelli che, dopo un’esperienza all’estero o in grandi città, riconoscono il valore della provincia italiana e cercano un equilibrio tra lavoro e qualità della vita».

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