Economia
Martedì 24 Febbraio 2009
L'allarme di Api Lecco
<C'è una stretta al credito>
Maurizio Bario, direttore di Api Lecco, denuncia le difficoltà che le imprese, soprattutto quelle di minori dimensioni, incontrano nei rapporti con il sistema creditizio
«Entro un paio di settimane il progetto sarà operativo – annuncia Maurizio Bario, direttore dell’Api Lecco – così i Confidi delle associazioni, tra cui il nostro Confapi, riuscirà a garantire il 70% delle richieste di credito alle imprese».
Ma non è sufficiente. La crisi economica è la più profonda che le imprese lecchesi abbiano mai affrontato. All’Api il conto delle imprese che hanno richiesto l’apertura di una cassa integrazione è salito a 97 aziende, su un totale di 530 imprese associate. Molte altre imprese hanno già provveduto ad un dimagrimento consistente della forza lavoro, tagliando i contrattualizzati a termine e gli interinali.
«Le banche si devono convenzionare con i consorzi, si devono creare delle sinergie positive, il prima possibile, per ridare fiato alla capacità industriale».
Infatti, se le banche non concederanno finanziamenti alle aziende, a lungo andare ne soffriranno a loro volta: «Siamo consapevoli che la crisi economica e finanziaria mette in difficoltà le banche, e provoca una stretta del credito. Ma revocare un fido o non concedere un prestito in alcuni casi può significare la morte o il collasso di un’industria».
E in alcuni casi la stretta finanziaria impedisce di cogliere al volo gli spunti di ripresa offerti dal mercato. Ad esempio la Fiat ha ottenuto un buon portafoglio ordini grazie agli incentivi statali per l’auto. Questo dovrebbe sostenere il grande indotto produttivo di Fiat, tra cui ci sono anche alcune imprese lecchesi.
Ma anche rispondere a queste proposte risulta difficile, perché le banche non concedono il credito sufficiente per avere il capitale minimo necessario ad avviare la fornitura di materiali e dare il via alla produzione. «Da un lato le banche non concedono credito, bloccando le iniziative di innovazione e le prospettive di ripresa industriale di alcune imprese. Sono dell’idea che le banche dovrebbero sostenere quelle imprese che hanno le potenzialità per riprendere l’attività industriale, anche alla luce delle prospettive industriali concesse dalle commesse di Fiat e non solo. Eppure sono molte le imprese paralizzate dal panico della crisi. Non investono per timore, perché non sono chiari gli sviluppi della crisi. Per questo la fiducia deve venire anche dallo Stato, sostenendo la riduzione dei costi, favorendo la detassazione degli investimenti, concentrandosi sugli aspetti di defiscalizzazione per le nuove imprese, favorendo la creazione di nuove infrastrutture».
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