«Guerra del prosecco»: assoluzione anche in appello per la Molteni di Barzago

Barzago

Nella guerra del «prosecco» arriva un altro punto a favore dell’azienda Molteni di Barzago. I giudici della quarta sezione penale della Corte d’Appello di Milano, infatti, hanno rigettato l’istanza della cantina Bottega Spa, azienda veneta di Bibano, in provincia di Treviso, presentata contro tre marchi: la società del lecchese di Paolo Molteni, la San Simone e la Vinicola Tombacco, per le quali tramonta quasi definitivamente l’accusa di aver replicato le bottiglie di prosecco «dorate» e rosa metallizzate, commercializzate dall’azienda veneta.

Con la pronuncia di secondo grado sono state confermate le assoluzioni già decretate dal Tribunale di Lecco nel dicembre 2023 per l’imprenditore Molteni, classe 1920 (assistito dagli avvocati Anna D’Agostino e Paolo Lazzaro), titolare dell’omonima società, originario di Renate, per Antonio Mattia e Giuliano Tombacco. Il contenzioso era partito nel 2017, quando Sandro Bottega, presidente dell’omonima società, denunciò la presunta contraffazione delle sue bottiglie metallizzate color oro e rosa da parte della Liquid Gold, azienda di Ventimiglia (Imperia). Le bottiglie Liquid Gold erano state prodotte nel formato da 75 centilitri da Vinicola Tombacco di Trebaseleghe, nel trevigiano, che, per una piccola partita di «magnum» da un litro e mezzo, si era avvalsa per imbottigliamento e confezionamento della San Simone di Brisotto di Porcia (Pordenone). La lecchese Metallizzazione Molteni di Lecco, invece, aveva provveduto a metallizzare in varie colorazioni (tra cui le tinte oro e rosa) le bottiglie stesse.

Il tribunale di Lecco, in primo grado, aveva valorizzato le differenze tra le bottiglie Liquid Gold e quelle di Bottega: le prime presentavano serigrafie nere, scritte verticali ben visibili, una linea ondulata decorativa, etichette informative chiare e soprattutto nessun elemento evocativo della lettera «B» o della fiammella, che invece sono caratteristiche tipiche del marchio Bottega.

E’ stata confermata dunque la tesi difensiva secondo cui la somiglianza non è provata, e la società proprietaria del marchio di fatto non possa avere il «copyright» su un determinato colore, soprattutto se non perfettamente indicato nella descrizione del brevetto registrato. La Bottega rivendicava invece di aver subito un danno «per via della confusione che bottiglie così simili hanno creato sul mercato, peraltro vendute a un prezzo molto più basso – come aveva riferito in aula il titolare Sandro Bottega – e dunque per mancate vendite, danni di immagine e di reputazione».

«Con questa seconda sconfitta consecutiva – ha commentato in una nota l’avvocato Antonio Malattia, difensore di Brisotto - Bottega incassa non solo un verdetto contrario ma anche un precedente giurisprudenziale pesante: le sue pretese monopolistiche scontano una battuta d’arresto forse definitiva».

© RIPRODUZIONE RISERVATA