Anche i lecchesi di Confartigianato si sono uniti a quel grido di disperazione lanciato dal presidente nazionale dell’associazione Giorgio Merletti in occasione dell’assemblea che si è tenuta a Roma: «Non ce la facciamo più».
Daniele Riva, presidente di Confartigianato Lecco, è diretto: «Fisco, credito e lavoro sono le tre pesi al collo delle piccole, piccolissime imprese che hanno tenuto a galla (finora) l’Italia». Gli artigiani hanno ricordato: « La pressione fiscale nel 2013 toccherà il 44,6% del Pil, vale a dire 2,4 punti in più sopra la media dell’Eurozona. In pratica, paghiamo 38 miliardi di maggiori imposte rispetto ai partner europei, 639 euro in più per abitante. Tra il 2005 e il 2013 l’incremento delle entrate fiscali è stato di 132 miliardi: pari ai 132 miliardi di incremento del Pil. Un fisco che tassa il 68,3% degli utili lordi, scoraggia l’impresa, colpisce il lavoro».
I prestiti alle imprese da parte delle banche sono scarsissimi, mentre i tassi d’interesse sono ancora di due-tre punti superiori alla media europea. Il mercato del lavoro è l’altro grande cruccio: in linea di principio si punta a migliorare l’occupazione, ma poi nella pratica si fa tutt’altro. La riforma Fornero introdotta proprio mentre si stava preparando la recessione, ha aumentato i disoccupati».
E poi ci sono i rimborsi della pubblica amministrazione, promessi ad aprile, ma che nei fatti non arrivano: «Avevamo proposto un sistema di compensazione per detrarre dalle tasse i soldi dovuti alle imprese per i lavori che hanno realizzato per conto degli enti pubblici – spiega Riva – ma alla fine hanno preferito un piano di rimborso complesso e farraginoso che al momento non sta dando risultati. Così non si va avanti».
Quindi che fare? Proprio qui sta il problema, perché tutti stanno continuando a parlare di numeri e di possibili riforme, di interventi da fare e priorità: «E’ però giunto il momento di passare dalla politica del dire a quella del fare. E’ il momento non si è fatto nulla, ma adesso bisogna che qualcuno ponga delle priorità per salvare l’industria e l’occupazione. Servono appunto delle priorità. E fatte delle scelte precise ed efficaci».
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