Giovani nelle imprese, Campanari
replica a Rosina: «Disfiamoci
dei pregiudizi sul mondo delle aziende»
Il presidente di Confindustria Lecco e Sondrio interviene sul tema dopo l’editoriale del coordinatore dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo della Cattolica
Ho avuto modo di leggere su “La Provincia di Lecco” dell’11/10 l’intervista al prof. Rosina, coordinatore dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo della Cattolica, importante ed autorevole punto di riferimento per lo studio delle dinamiche afferenti all’universo giovanile. Ho atteso un po’ di tempo, per verificare se vi fosse qualche presa di posizione o nascesse un proficuo dibattito che - purtroppo - non si è invece originato.
Intervengo dunque solo ora, per esprimere il mio stupore di fronte ad una serie di affermazioni che inducono a ritenere che al professore siano sfuggite alcune reali dinamiche del vissuto quotidiano aziendale. In un crescendo di prese di posizione, infatti, Rosina esordisce spiegandoci che le imprese hanno una «visione semplificata della realtà» e «non capiscono che le nuove generazioni hanno aspetti antropologici diversi anche nell’interpretare il mondo in cui vivono e l’idea di lavoro in cambiamento. I giovani - aggiunge - sono nel ventunesimo secolo, mentre i datori di lavoro sono cresciuti in un’idea di lavoro novecentesca».
Dipingendo un quadro dove le imprese appaiono avere una visione sostanzialmente gretta e limitata, il professore evidenzia come non capiscano che «conta quindi ciò che si può portare nel mondo del lavoro, che non è solo il rapporto di scambio ore di lavoro-stipendio come chiedono le aziende». Ci informa del fatto che «le aziende non riescono a mettersi in sintonia con le persone», perfino «non riconoscendo il valore che i giovani possono dare al di là delle competenze tecniche». Dulcis in fundo, Rosina si domanda in modo retorico «quando c’è stata la fedeltà dell’azienda verso i lavoratori? Mai», è la sentenza categorica del professore, perché «il modello è assumere i giovani, poi licenziarli, prenderne altri. Tutto con contratti brevi, sottopagati». I giovani «fino ad ora sono stati trattati così», dice il professore, e le aziende li hanno «usati come manodopera a basso costo di cui disfarsi facilmente».
Con tutto il rispetto, la realtà non funziona così, e se di qualcosa occorre disfarsi, è delle idee preconcette sul mondo dell’impresa. Un mondo tutt’altro che novecentesco, che stupirebbe il professore se volesse incontrarci e visitare qualche azienda nel nostro territorio. Vedrebbe giovani motivati e ben inseriti in realtà aziendali stimolanti che li formano e valorizzano; aziende proiettate in tutto il mondo, dotate di modelli organizzativi avanzati, e spesso all’avanguardia tecnologica al di là dell’aspetto dimensionale. Incontrerebbe imprenditori che potrebbero raccontargli quanto sia importante investire su collaboratori capaci e motivati che rimangano e crescano (altro che disfarsene!), spiegandogli che assumere e formare chi poi non resta sia invece in primis una grande sconfitta (oltreché un grande costo). Conoscerebbe storie di impresa entusiasmanti, diffusi legami di lealtà, rispetto e reciproca stima fra collaboratori e datori di lavoro che quotidianamente si impegnano e si industriano con passione sotto lo stesso tetto. E avrebbe modo di apprezzare, da persona intelligente e capace quale è, che la “visione semplificata della realtà” non è affatto quella delle imprese.
*Presidente Confindustria Lecco e Sondrio
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