Giovani difficili da trovare. Extra costi di 3,3 miliardi

Il mercato del lavoro giovanile in Lombardia presenta un quadro a tinte contrastanti. Da un lato, si registra un’ottima performance dell’occupazione, con un +10,4% nel post-Covid trainato soprattutto dai giovani under 35. Questo ha portato a un tasso di occupazione giovanile del 53,9%, posizionando la Lombardia al 4° posto tra le regioni italiane.Tuttavia, dall’altro lato, le imprese lamentano una crescente difficoltà nel reperire manodopera, con il 45,2% delle assunzioni previste under 30 che non si riescono a trovare. Le cause principali sono la mancanza di candidati con competenze adeguate (26,2%) e il numero ridotto di candidati in generale (63,7%). Questo il quadro che emerge dall’analisi del mercato del lavoro giovanile in Lombardia, presentata nei giorni scorsi nel Report «Giovani, impresa e lavoro, tra presente e futuro» di Confartigianato Lombardia.

Milano resta la più attrattiva

La situazione resta dunque complicata nonostante i dati positivi delle assunzioni, il motivo sta nel fatto che la fascia d’età che si affaccia per la prima volta al lavoro continua ad assottigliarsi. Negli ultimi vent’anni la provincia lombarda che in percentuale ha perso più giovani è stata Sondrio (-19,1%) mentre la più virtuosa per attrattività è stata Milano con un -2,5%. Nel mezzo, si piazzano in ordine negativo tra il -14,2% e il - 7,4%: Varese, Mantova, Cremona, Como, Brescia, Bergamo, Monza e Brianza, Lodi e Pavia.

Il 28% applica la flessibilità

«I dati raccontano di giovani lombardi con il vento in poppa! Peccato che a godere di queste condizioni favorevoli siano sempre di meno: tra quelli persi negli ultimi 20 anni e quelli che perderemo nei prossimi 20 conteremo 338mila under 35 in meno - conferma Licia Redolfi, ricercatrice dell’Osservatorio Mpi di Confartigianato Lombardia -. Hanno il vento a favore poiché al momento godono di una domanda di lavoro vivace, che ha spinto l’occupazione giovanile a salire del 10,4% nel post Covid. Si tratta di condizioni favorevoli perché in questa situazione di scarsità le imprese sono più attente alle esigenze del lavoratore e adottano strategie di attrattività tra cui la flessibilità, prevista dal 28% delle imprese lombarde, per andare incontro al nuovo approccio delle giovani generazioni al tempo di lavoro».

Scarseggiano le competenze

Al netto delle preoccupanti statistiche demografiche, c’è da considerare anche che la difficoltà a trovare giovani da inserire in azienda trova motivazione anche in altri fattori. Nel report lombardo di Confartigianato si sottolinea infatti che dei 339mila under 30 previsti in ingresso dalle imprese con dipendenti della manifattura estesa e dei servizi, il 45,2% non si trova anche perché i candidati sono privi di adeguate competenze. Un problema decisamente serio perché nel 2023, quando la ricerca si è estesa oltre i sei mesi, come accaduto per l’11,1% delle Pmi lombarde, ha determinato extra costi per 3,3 miliardi di euro. «In questi anni abbiamo più volte sottolineato la difficoltà delle imprese di reperire e trattenere personale: ora i tempi si sono allungati e non sempre l’esito del match domanda-offerta è positivo - commenta Eugenio Massetti, presidente di Confartigianato Lombardia -. Se poi guardiamo ai profili con elevate e-skills, osserviamo che la richiesta diventa sempre più trasversale ai diversi settori, dunque è urgente mettere a terra strategie affinché le imprese possano continuare a competere. Bisogna puntare su formazione di qualità, istruzione tecnica e professionalizzante, per creare le competenze evolute imposte dalla rivoluzione digitale. La difficoltà di reperimento di queste figure si aggrava per le Pmi che provano a reagire agendo sulla leva retributiva e anche lavorando sulla comunicazione rivolta ai giovani, che spesso non immaginano la straordinaria ricchezza delle piccole realtà. In un momento come questo, infatti, il mercato del lavoro si impernia sulla capacità di attrarre e mantenere talenti in quel sano mix generazionale che può assicurare continuità ai saperi ed evoluzione degli stessi».

Nuove imprese giovanili: +35%

Si tende a ragionare sui giovani dipendenti, ma c’è anche una schiera di «eroi» che cerca di portare avanti l’attività di famiglia o che ci si mette da zero avviando una start-up. Oggi in Lombardia le imprese con a capo un under 30 sono 74mila, di cui quasi un terzo (23mila) artigiane. La voglia di autonomia rispetto al posto fisso sta crescendo: negli ultimi cinque anni le nuove imprese giovanili sono passate da 7.140 a 9.610: un incoraggiante +35%.

Più qualità della vita

«Le giovani generazioni portano un cambiamento culturale nel mondo del lavoro con una maggior sensibilità alla qualità della vita tout court, con un tempo da dedicare alla propria crescita, allo svago, alla cura, alle relazioni. Si spiega anche così il numero crescente di imprese che vedono un titolare under30 - dice Francesco Figini, presidente Giovani Imprenditori Confartigianato Lombardia -: l’appagamento di chi decide di investire in una realtà propria contiene in sé molteplici elementi, una certa flessibilità coniugata alla soddisfazione per il mestiere e le modalità del proprio impegno professionale. Poi ci sono anche coloro che decidono di portare avanti l’azienda di famiglia e anzi occorrerebbero strumenti più efficaci per incentivare la trasmissione d’impresa».

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