Economia / Morbegno e bassa valle
Venerdì 09 Settembre 2016
Giovani determinati. l’agricoltura attira
le nuove generazioni
Gli under 35: alcuni rilevano le attività di famiglia altri ne avviano di nuove, tutti coscienti delle difficoltà. Ma animati dalla voglia di far crescere le proprie aziende.
Lucia ha 26 anni, lavora durante l’inverno in albergo alle Terme di Bormio, in estate è in alpeggio, all’Alpe Boron con la famiglia: portano lì da Grosio il bestiame, producono Latteria, e gestiscono un agriturismo dell’Ersaf, l’ente regionale Agricoltura e foreste. Fiorella invece ha 20 anni, l’azienda del padre è di Colorina ma trascorre l’estate sul passo del Dordona, in Val Madre: con la famiglia e con i capi, producono Bitto. In questo momento sono a quota 2.000 metri.
«Le baite in cui passiamo la notte - spiega senza reticenze Fiorella Varischetti, da Colorina - non sono il massimo della comodità». Anche lei d’inverno lavora nel settore alberghiero, fa la cameriera al Salyut e aiuta la madre che ha un negozio di fiorista. Anche Cristina Gusmeroli, 22 anni, produce Bitto, l’azienda familiare è a Dazio, d’estate lavorano su due alpeggi, uno è Orta Vaga, passo San Marco, uno degli alpeggi di maggiore prestigio per la lavorazione del famoso grasso d’alpe, nelle Valli del Bitto. Poi c’è Caterina Giacomelli, ha scelto anche lei il “lavoro verde”: ha 35 anni, dopo diverse esperienze di impiego che non davano stabilità ha rilevato un meleto a Piateda, è un piccolo appezzamento che conduce da quattro anni. «Una scelta imprenditoriale - precisa - ho voluto mettermi in proprio, ho ritirato l’attività da una persona anziana e sto andando avanti. Quest’anno - aggiunge - ho aumentato le piante. Si fa fatica, il marito - dice anche - lavora, e per fortuna che lui il posto fisso ce l’ha, per il resto affronto io tutta la gestione, mi criticano, ma non mollo, questa è la mia passione». Stessa determinazione di Lucia Giacomelli: «Sono cresciuta in mezzo agli animali - dice -. È un lavoro che ho nel sangue».
Sono tanti i giovani, anche in Valtellina, che dopo la scuola hanno deciso di crearsi il proprio lavoro “ritornando alla terra”. In questi giorni in tutta Italia si parla dell’agricoltura come secondo comparto dopo il commercio in cui si inseriscono le nuove imprenditorialità giovanili. «Il fenomeno - precisa Flavio Bottoni, “tutor” e referente di Coldiretti Giovani Impresa per la provincia di Sondrio - è rilevabile anche da noi. Nel 2016 ho avuto circa cinquanta nuove domande di partecipazione al Piano di sviluppo rurale, strumento delle politiche comunitarie per l’agricoltura, gestito da Regione Lombardia. Sono tutti giovani che aprono una propria azienda e chiedono finanziamenti o che rilevano l’attività del padre, della famiglia di origine. Ci sono allevatori, casari, e anche agricoltori che scelgono le nuove colture, i piccoli frutti, anche lo zafferano».
La domanda per tutti, è se poi il gioco valga la candela. «Si fa fatica - chiariscono le imprenditrici e operatrici intervistate - un tempo era diverso - precisa Varischetti - mio padre Rinaldo ricorda sempre come alcuni decenni fa, un allevatore con cento capi in stalla “fosse padrone della Valtellina”. Noi abbiamo 120 capi, conferiamo durante l’anno il latte alla Parmalat, l’impegno è massimo ma come tanti nel nostro settore facciamo fatica a stare a galla. Io però - precisa - non mollo, il sogno di una vita è poter portare avanti un domani l’azienda di mio padre». Anche Gusmeroli vuole rilevare l’attività del padre. «Il progetto è quello, anche se il nostro mondo sta cambiando, non si guardano più con avversione le mungitrici automatiche, la modernità porta novità che si possono apprezzare persino tra noi casari “storici”».
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