Economia / Lecco città
Mercoledì 11 Ottobre 2017
Frontalieri e tasse
Intesa non prima del 2019
La Svizzera spinge per una ratifica rapida, improbabile però che avvenga entro fine anno: «Le modifiche dovranno passare dai decreti attuativi»
L’accordo fiscale con la Svizzera entro l’anno? Improbabile la ratifica, e comunque entrerà in vigore non prima del 2019, visto che c’è tutto l’iter in Parlamento. Dove bisogna accogliere le istanze del sindacato sul futuro di 65mila frontalieri in Ticino, di cui quasi 27mila provenienti da Como: una vera e propria “fabbrica” con lavoratori italiani e un’economia di confine da trattare con cautela.
Parola delle organizzazioni sindacali dopo gli annunci della Confederazione elvetica scaturiti dall’incontro bilaterale con Angelino Alfano.
Lo stesso consigliere federale (uscente) Didier Burkhalter ha detto a Lugano che la Svizzera conta sul ministro e sul suo governo per la firma dell’intesa fiscale sui frontalieri.
Ribadisce il presidente del Csir Alessandro Tarpini: «Questi sono i desiderata della Svizzera. Ma non lo riteniamo possibile. Noi abbiamo parlato con gli esponenti del premier la scorsa estate e abbiamo presentato le nostre richieste di modifica».
Già il mese scorso Berna aveva annunciato questa intenzione italiana, dopo un incontro con il ministro Carlo Calenda. Ora, secondo i sindacati dei frontalieri, vanno anche contestualizzati gli eventi: difficile che l’esponente di un nostro governo vada davanti a una platea svizzera dicendo che non c’è alcuna volontà di firmare. E intanto ci sono compiti non proprio secondari da sbrigare, come la legge di bilancio, senza scordare le incombenti elezioni.
Questo il quadro tracciato da Sergio Aureli, uno dei due vicepresidenti del Csir (ed esponente Unia): il Ticino è come se fosse un’azienda con 65mila lavoratori italiani e per prendere qualsiasi decisione bisogna farla con i sindacati. «Le modifiche richieste- prosegue Aureli – non si mettono nella ratifica, ma nell’ambito dei decreti attuativi, quindi con le decisioni del Parlamento. E questo tipo di decisioni vanno strutturate, migliorate e portate nell’interesse del territorio in concertazione con i rappresentanti dei lavoratori». Già, perché come se non bastasse quella quota importante di persone che svolgono il lavoro oltre confine, ci sono le loro famiglie, ci sono i Comuni con il futuro dei ristorni e tutto l’indotto: i frontalieri spendono e investono dove risiedono. Tutta un’economia di confine, conclude Aureli, che non può essere ignorata.
Deciso anche l’altro vicepresidente del Consiglio intersindacale, l’esponente di Ocst Andrea Puglia: «Ok hanno tolto l’obbligo del casellario giudiziale in Ticino o meglio l’hanno annunciato, perché così sarà quando si firma. Hanno risolto anche il referendum 2014 (quello antistranieri, ndr) attraverso una formula compatibile con la libera circolazione. Viste le elezioni in arrivo, la firma entro l’anno tuttavia ci sembra improbabile, ma non è nemmeno questo il punto. Anche se avvenisse domani mattina, l’accordo fiscale non entrerà in vigore nel 2018. Il Parlamento deve recepire e fare una legge di ratifica».
Che non è una formalità, proprio per le pressanti richieste di modifica. A essere realisti, e forse persino tendenti all’ottimismo, osserva Puglia, l’accordo potrà essere applicato nel 2019. Ma considerando i tempi della politica italiana, il 2020 è verosimile.
E se il nostro Paese, con il suo sistema fiscale dovrà essere pronto a gestire questa svolta, in Svizzera – spiega l’Ocst – non hanno ancora i sistemi informatici attrezzati.
© RIPRODUZIONE RISERVATA