Economia / Valchiavenna
Domenica 25 Ottobre 2015
Frontalieri edili: a rischio la pensione
a sessant’anni
Il sindacato Unia lancia una mobilitazione che coinvolge centinaia di lavoratori valtellinesi. Arno Russi: «Inaccettabile il passo indietro proposto».
Pensione a sessant’anni? Per i frontalieri dell’edilizia è a rischio. Unia, il principale sindacato svizzero, lancia una mobilitazione che riguarda anche numerosi lavoratori valtellinesi del comparto delle costruzioni attivi in Engadina, Val Poschiavo e Ticino (si parla di circa 600 persone), ma anche coloro che risiedono nelle zone della Svizzera interna e rientrano solo nel fine settimana o più raramente. Gli edili, nell’ambito del rinnovo del Contratto nazionale mantello, chiedono una migliore protezione della salute in caso d’intemperie e misure efficaci per impedire il dumping salariale. Ma c’è anche e soprattutto la questione della pensione.
A Sankt Moritz la campagna è promossa dal segretario della sezione Unia grigionese Arno Russi, che tra le altre cose in questa fase è anche il presidente del Consiglio sindacale interregionale Sondrio-Grigioni, l’organizzazione che promuove le tradizionali assemblee d’autunno a Grosio e Chiavenna. Il pensionamento a sessant’anni viene considerato un grande successo ottenuto nel 2002 grazie a una serie di scioperi. Ora, a causa del mancato accordo con i datori, che insieme ai lavoratori sostengono la cassa pensionistica fino ai 65 anni d’età, si rischia di assistere a un passo indietro.
«Il prepensionamento è necessario, perché dopo anni di duro lavoro nei cantieri gli edili hanno bisogno di andare in pensione in modo dignitoso – è il punto di vista di Unia -. L’associazione dei costruttori punta invece a innalzare l’età pensionabile di uno o addirittura due anni, per ragioni economiche. In alternativa c’è la proposta di ridurre le rendite, scendendo di 600 franchi al mese nell’assegno degli operai di basso livello e di mille per i capi muratori. È troppo per essere accettato». Considerato che il pensionamento anticipato è finanziato da contributi a carico di imprese e lavoratori, i sindacati propongono di aumentare per alcuni anni l’importo dei versamenti, in modo da rendere più sostenibile il meccanismo. «Da due anni vogliamo negoziare con la Società dei costruttori per garantire il pensionamento a sessant’anni, ma finora gli impresari si sono opposti – precisa Russi -. Nel nuovo contratto dovremo quindi difendere anche il pensionamento a sessant’anni».
Intanto il sindacato è attivo anche sul fronte dell’orario di apertura dei negozi, un altro comparto che riguarda direttamente i frontalieri. «I fautori della flessibilità illimitata vogliono autorizzare sempre più negozi a prolungare gli orari di apertura – è il commento del sindacato -, anche durante l’intera notte e la domenica. Il tutto senza alcuna considerazione per le condizioni di vita e di lavoro dei diretti interessati. Ogni prolungamento di orario determina un aumento o una flessibilizzazione degli orari di lavoro dei salariati. Unia si oppone esigendo, contro questo degrado organizzato delle condizioni di lavoro, un contratto collettivo per il commercio al dettaglio di obbligatorietà generale, che garantisca salari migliori e orari decenti al personale di vendita».
Secondo Unia, con il nuovo parlamento eletto domenica scorsa – nella Confederazione ha vinto la destra - ci sarà il rischio di dover affrontare parecchi inconvenienti in più nel mondo del lavoro. Il rapporto con l’Unione Europea, ad esempio, secondo i sindacati va valorizzato e non servono muri. «Credo che questo sia stato un voto basato sul populismo e sulla paura dopo le notizie sui migranti che si sono diffuse nelle ultime settimane. Siamo 500milioni in Europa, come fanno a farci paura 500mila migranti, uno su mille?».
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