Economia / Valchiavenna
Mercoledì 13 Gennaio 2016
«Frontalieri e crisi, non è ancora finita
Due anni per ripartire»
Sarà un altro anno di novità per la regione transfrontaliera dei Grigioni e della provincia di Sondrio secondo Maurizio Michael, granconsigliere grigionese e animatore di molti progetti culturali e di cooperazione fra Bregaglia svizzera e Valchiavenna.
«Saranno anni complicati e di cambiamento. Ma la nostra zona di confine ha tante potenzialità». Sarà un altro anno di novità per la regione transfrontaliera dei Grigioni e della provincia di Sondrio secondo Maurizio Michael, granconsigliere grigionese e animatore di molti progetti culturali e di cooperazione fra Bregaglia svizzera e Valchiavenna.
I sindacati – in particolare il segretario del Consiglio sindacale interregionale Arno Russi - hanno lanciato un nuovo allarme: gli alberghi soffrono e le imprese edili non riassumeranno una parte dei dipendenti dopo l’inverno. Lei cosa ne pensa?
«La situazione economica, a cominciare da edilizia e turismo, è complicata. Persiste una fase di insicurezza, non si vede bene l’evoluzione, condivido le preoccupazioni di Russi. Conosco imprese che non hanno garantito il posto ai propri impiegati perché si riscontrano dei segnali negativi sulla disponibilità di lavoro. Bisognerà capire quali saranno le conseguenze reali in primavera, probabilmente c’è la volontà di evitare ogni».
Dopo anni di dubbi, la situazione è più chiara nelle normative dell’edilizia dovute all’ormai celebre referendum che blocca le abitazioni secondarie.
«Dal 1 gennaio è entrata in vigore la nuova legge sulle seconde case con le regole per l’applicazione. Finalmente ci sono certezze, si sa che cosa si può fare. A meno che non ci sia la garanzia che vengano immesse sul mercato dell’affitto o turistico, non potranno più essere costruite. Si cerca di puntare a varie forme di alloggio in un’ottica commerciale. Il compromesso mette, più o meno, d’accordo tutti».
Il bilancio è positivo?
«L’economia non ripartirà subito in questo settore. Lo potrà fare quando ci saranno i progetti. Si può ipotizzare una fase di passaggio di un paio di anni. Ci saranno alcuni anni più difficili, ora vediamo che le imprese si stanno ridimensionando o dirigendo verso la Svizzera interna».
Probabilmente i frontalieri sono i più esposti ai rischi di perdere il lavoro.
«Non è detto, in particolare se si parla di manodopera qualificata. Questo è un aspetto molto importante».
Intanto secondo i sindacati preoccupa la chiusura di interi piani di alcuni alberghi.
«Certo, anche il settore turistico sta soffrendo, ma a lungo termine dobbiamo ricordare che in Engadina le piste partono da quota 2000, 500 metri più in alto rispetto ad altre località. Se attualmente c’è una fase di crisi, il potenziale del futuro rimane interessante».
Intanto si avvicina il 15 gennaio con un anno di franco forte: cos’è cambiato?
«Ci sono pareri variegati, non ci sono certezze sugli esiti di questo cambiamento. Di sicuro in una notte i costi svizzeri sono aumentati improvvisamente. Questo sicuramente ha condizionato il settore turistico».
Il 2016 è iniziato con un’altra rivoluzione: l’accordo fiscale Italia-Svizzera: quali sono i timori e le opportunità per quello che lei definisce “lo spazio funzionale transfrontaliero Engadina-Bregaglia-Valchiavenna” ?
«Si intravede uno scenario di grande cambiamento. Non mi agiterei troppo, tanti aspetti devono ancora essere definiti. Il sistema precedente era relativamente favorevole ai lavoratori italiani, ma risaliva agli anni Settanta. Moltissime cose sono cambiate in quarant’anni. Ora si stanno gettando le basi per una nuova forma di collaborazione fra i nostri Paesi, che hanno registrato l’esigenza di rivedere le aliquote sulla tassazione del lavoro».
Infatti si va verso un trattamento unificato, a livello fiscale, per i frontalieri e gli altri lavoratori italiani. In Ticino si dice che questo fermerà “l’invasione”. Lei da sempre sottolinea che le situazioni delle due realtà – quel Cantone e i Grigioni – sono molto diverse.
«Sono stati annunciati dei correttivi con modifiche favorevoli ai frontalieri, ad esempio per la possibilità di recuperare le risorse spese per le cure mediche, ma nel complesso probabilmente lavorare in Svizzera sarà un po’ meno vantaggioso. In ogni caso ci saranno comunque opportunità interessanti. Altri cittadini italiani, invece, forse potranno decidere di costruire il proprio futuro in patria. Ma lo ripeto: è presto per parlarne ora».
Rapporti di confine vuol dire anche Interreg: cosa abbiamo in cantiere?
«A dicembre c’è stata la decisione formale della Commissione europea di approvare il nuovo programma Italia-Svizzera. Ora partono le fasi successive».
In alcuni casi il significato di cooperazione di questi percorsi non è stato colto, si è pensato soprattutto per sé.
«A volte negli interventi la cooperazione è stata un aspetto secondario, in altri casi invece sono state gettate le basi per una crescita comune, ad esempio vorrei citare i progetti della Bregaglia. Bisogna creare un valore aggiunto attraverso la creazione di un prodotto turistico competitivo, sostenibile e profondamente connesso ad ambiente e cultura».
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