Economia / Sondrio e cintura
Giovedì 23 Maggio 2019
Freddo e pioggia, apicoltori in ginocchio
Produzione di miele praticamente azzerata e negli alveari si osserva una preoccupante morìa di api. Moretti: «Situazione mai vista negli ultimi anni, dobbiamo addirittura nutrire gli alveari, con sciroppo e candito».
La produzione è praticamente azzerata, ma c’è un altro grande problema. Negli alveari della provincia di Sondrio si è osservata una terribile morìa di api. Lo rilevano la Confederazione italiana agricoltori e l’associazione di apicoltori Apas pochi giorni dopo la Giornata mondiale delle api, indetta dalle Nazioni Unite per la prima volta nel 2018. La scelta della data in cui si celebra questa ricorrenza – il 20 maggio - non è casuale. Infatti nell’emisfero boreale maggio è il mese centrale per l’impollinazione e in quello australe corrisponde alla produzione del miele e poi della lavorazione dei suoi derivati. Le api svolgono un servizio ecosistemico essenziale: sono insetti straordinari e fondamentali, non solo per la conservazione della biodiversità sulla Terra e per il rispristino delle aree a rischio desertificazione. Grazie all’impollinazione, garantiscono lo sviluppo del 75% dei prodotti nella catena alimentare.
«Stiamo parlando di una situazione mai vista negli ultimi anni - premette con preoccupazione Cristian Moretti, responsabile della Cia di Sondrio e apicoltore -. Ora siamo in un periodo durante il quale di solito si produce il miele di acacia. Stavolta mancherà quasi tutta la produzione, come accaduto anche negli anni scorsi. Ma a differenza del passato dobbiamo addirittura nutrire gli alveari, supportarli con sciroppo e candito. Questa procedura non è mai stata attuata negli ultimi anni». Tutto lascia pensare che alla base di questa preoccupante situazione ci sia il clima di questo periodo. «Questo maggio molto freddo, con temperature molto più basse rispetto alla media, comporta non solo una mancata produzione, ma anche una morìa degli alveari stessi», rileva Moretti. D’inverno gli apicoltori si occupano della nutrizione degli alveari.
«Ma in questo momento sono molto più sviluppati, ci sono molte più api che necessitano di una maggiore quantità di nutrimento. In conseguenza di questo, quando non trovano né cibo naturale, né artificiale, non riescono a bottinare e questo le porta a morire di fame. Per assurdo capita alle famiglie più forti, perché sono quelle più numerose e hanno bisogno di maggiori quantità d’energia». I danni sono rilevanti sotto ogni punto di vista. «Non solo una perdita della produzione molto alta, prossima al 100%, ma anche una situazione tragica».
Le api – come rilevano numerosi scienziati - sono estremamente interconnesse con l’ambiente. «Qualsiasi modifica rilevante va a intaccare il loro equilibrio - prosegue Silvia De Palo, biologa e presidente di Apas -. Qui in Valtellina ci sono i problemi determinati dal clima, in altre zone - ad esempio le aree d’Italia nelle quali si punta sull’agricoltura intensiva - devono affrontare le conseguenze dell’utilizzo di pesticidi massivi. Se non ci fossero gli apicoltori che sostengono gli alveari, tutti sarebbero a rischio».
Secondo la Cia ci vorrebbe quindi una maggiore attenzione da parte delle istituzioni e dei cittadini. «Il comparto apistico è sempre stato considerato in fondo alla classifica, dopo quello zootecnico, frutticolo e vitivinicolo - conclude Moretti -. Dimenticandosi che è alla base di tutti gli altri settori, perché senza l’impollinazione tutto cambierebbe. Sul fronte dei fitofarmaci, servirebbe una sensibilizzazione diffusa, non soltanto per gli operatori del settore. Anche chi si occupa del giardino di casa può evitare l’utilizzo di sostanze nocive per le api e più in generale per l’ambiente».
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